Scuola italiana, Ocse: “Sistema educativo ha un basso rapporto tra qualità e prezzo”

Riguardo il sistema scuola italiana, l’Ocse: “Sistema educativo ha un basso rapporto tra qualità e prezzo e dovrebbe fare di più per migliorare le opportunità per i meno qualificati“, quanto dichiara la Convenzione sull’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economici, firmata il 14 dicembre 1960. Così, la scuola italiana risulta inefficiente e per tale motivo, l’istruzione del Paese è sceso ben al di sotto della media europea, in quanto si sono verificati diversi, incostanti e numerosi cambiamenti, nell’arco degli ultimi quattro anni, ai vertici dell’azienda, competente nella valutazione delle scuole. L’Ocse stima, inoltre, che il Pil pro capite in Italia nell’anno 2013 era inferiore del 30% rispetto alla media economica dei grandi Paesi dell’Ocse, che sono 17. Il gap è cresciuto, in quanto nel 2007 risultava essere del 22,7%. Per cui, secondo la dichiarazione del Capo Economista dell’Ocse, Catherine Mann, nel rapporto annuale “Going for Growth“, è importante inserire riforme strutturali nell’agenda delle politiche macroeconomiche, per migliorare e accrescere la produttività, nonché per creare e ampliare i posti di lavoro, nel minor tempo possibile. Tra l’altro, se il cambiamento delle riforme dovesse ulteriormente rallentare, si corre il rischio di sviluppare altri circoli viziosi, nei quali la domanda, considerata debole, mina alla base la crescita del potenziale. Tale prospettiva causa il deperimento crescente della domanda, in quanto gli investitori e i consumatori, volti al risparmio il più possibile, si presentano ostili e diffidenti al rischio, al quale si può incorrere. L’Italia, inoltre, negli anni passati, non ha raggiunto gli obiettivi che erano stati prefissati riguardo le privatizzazioni e per questo, dovrebbe attivare con maggior efficacia quelle riforme volte a ridurre la competizione tra le barriere architettoniche. Si esprime al riguardo anche l’organizzazione parigina, che afferma: “Occorre eliminare i legami di proprietà tra i governi locali e i fornitori di servizi, migliorare gli incentivi all’efficienza della giustizia civile e snellire ulteriormente le procedure di bancarotta per ridurre sia la durata che il costo“. Tra l’altro, le riforme approvate tra gli anni 2011 e 2012, riguardo la “deregulation abbastanza estesa“, devono essere ancora emanate. Si tratta quindi di abbondanti decreti attuativi non ancora effusi. L’organizzazione parigina prosegue col dire che se i Paesi continuano ad emanare riforme strutturali, in questa fase di crisi, prendendo in considerazione come priorità la miglioria di pratiche già esistenti, gli stessi Paesi aderenti all’Ocse, potrebbero riscontrare un aumento del livello di Pil pro capite, del 10% circa, a lungo termine. Tale aumento, viene specificato, corrisponde ad un incremento medio di all’incirca 3.000 mila dollari pro capite.

di Erika Lo Magro

9 febbraio 2015

 

 


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