La Corte di Cassazione si occupa da tempo delle cartelle esattoriali di Equitalia, fornendo con le sue sentenze delle precisazioni molto utili per i contribuenti. La sentenza dei giudici di piazza Cavour di appena due mesi fa ha spiegato cosa succede quando si contesta il contenuto della busta ricevuta a casa. Nel caso in cui la raccomandata contenga un documento non completo o privo dei requisiti minimi stabiliti dal Ministero, la stessa Equitalia deve dimostrare quello che conteneva effettivamente il plico.
Ora il Giudice di Pace di Palermo ha seguito un ragionamento identico. In pratica, se il contribuente contesta il contenuto della busta ricevuta via posta, Equitalia e l’Agenzia delle Entrate non possono limitarsi al solo avviso di ricevimento come prova, ma dimostrare la corrispondenza fra quello che c’era nella bista e la cartella.
Con le raccomandate a busta chiusa si rischia proprio questo, dunque il contribuente ha il diritto di sapere cosa contiene la cartella (la Costituzione parla proprio di buona fede e collaborazione tra il cittadino e l’ente che riscuote).