Era il 1959 quando Fidel Castro fece il suo ingresso trionfale insieme ai “partigiani” dopo la fuga di Batista, ormai consapevole di non poter più contare sull’appoggio degli Stati Uniti. La coalizione politica di Castro dimostrò da subito la propria volontà di cambiamento e si adoperò molto in diverse battaglie sociali: alfabetizzazione e assistenza sanitaria giovarono certamente al popolo cubano. Ma quando il leader avviò la sua politica economico-sociale l’unità si incrinò e i problemi di Cuba si trasformarono in problemi internazionali: da un lato aumentarono i consensi popolari per la rivoluzione, dall’altro aumentarono la necessità di una struttura organizzativa efficiente e di appoggi internazionali.
Gli Stati Uniti riconobbero subito il regime di Castro, ma i servizi segreti affermarono dal principio la forte infiltrazione di comunisti all’interno del movimento del leader cubano e proprio questa alleanza tra castristi e comunisti allarmò il governo americano. Ben presto gli Stati Uniti esercitarono varie pressioni nei confronti di Cuba e Castro rispose con la nazionalizzazione di beni di proprietà di imprese americane. Iniziò allora l’esodo da Cuba e la crisì si acuì a causa della visita del vice primo ministro Sovietico a Cuba con tanto di firma di un accordo tra i due Stati. I rapporti peggiorarono sempre di più tra Usa e il governo de L’Avana, soprattutto quando Castro annunciò, dopo che gli americani cercarono di mobilitare l’OSA, di aver iniziato relazioni diplomatiche con la Repubblica popolare cinese e di aver accettato la protezione dell’Unione Sovietica.
Kennedy, subentrato alla presidenza, cercò di limitare l’espansione del castrismo in America Latina, ma nel 1961 autorizzò l’esecuzione di un piano (rinominato Operazione Zapata) elaborato durante la presidenza precedente: il 17 aprile 1961, all’una di notte, oltre 1200 esuli cubani sbarcarono nella Baia dei Porci, costa meridionale dell’isola (provincia di Matanzas, luogo isolato al quale si poteva accedere attraverso poche strade costruite tra le acque del pantano), sperando di far scoppiare la rivoluzione. La convinzione che la popolazione cubana volesse tornare alla democrazia precedente al regime di Castro, quindi modello Batista, si dimostrò errata, proprio come errata si dimostrò la convinzione di Kennedy di ottenere un rapido successo. Senza contare che Castro giorni prima fu avvisato dai servizi segreti comunisti dell’imminente invasione.
Il piano Usa – Il piano statunitense, programmato da Dulles, previde l’utilizzo di 16 bombardieri B26 della Seconda guerra mondiale che, secondo la CIA, avrebbero dovuto far sbarcare gli esuli sulla spiaggia, distruggere le forze aeree cubane e abbattere l’esercito composto dai 200mila soldati che pochi anni prima avevano contrastato Batista. Il 17 sei navi della Brigata 2056 sbarcarono nella Baia dei Porci, ma lo scontro durò appena 63 ore. L’aviazione di Castro affondò subito due navi piene di rifornimenti (cibo, armi, apparecchi per la comunicazione) e gli esuli arrivati sulla terra ferma dovettero fare i conti con i soldati pronti ad aspettarli e per qualche giorno continuarono a chiedere aiuto. Ma con il passare delle ore le richieste di supporto diminuirono, circa 300 uomini persero la vita, altri furono catturati e pochi riuscirono a nascondersi. An
In tre giorni i soldati di Castro catturarono molti degli uomini sbarcati nella Baia dei Porci (1.189 prigionieri)e il presidente statunitense cercò di allontanare ogni responsabilità, ma il suo tentativo non andò a buon fine dato che poi risultò chiaro che i volontari in realtà erano stati addestrati dalla CIA e che quest’ultima aveva pensato all’agguato. Ci fu chi provò a spingere Kennedy a impiegare ufficialmente le forze americane, ma il il presidente si rifiutò, deciso a chiudere la partita. L’episodio diede modo a Castro di accusare gli Stati Uniti di aggressività e il fallimento della Baia dei Porci lo fece apparire come l’uomo che agiva per difendere il proprio Paese.