Marrazzo, Carabiniere: “Nessun ricatto a presidente, materiale solo per tutela”

“Abbiamo filmato perché la situazione era più grande di noi, e il video avrebbe potuto tutelarci se avessimo proceduto portando il presidente Marrazzo in caserma”. E’ quanto affermato da Luciano Siameone, uno dei due carabinieri che il 3 luglio del 2009, sorprese Piero Marrazzo in casa della trans “Natali”, in via Gradoli. Lo stesso militare, finito a processo insieme ad altri tre colleghi, ha spiegato ai giudici che nei confronti dell’allora presidente della Regione Lazio, non ci fu alcuna estorsione o tentativo di ricatto, e di non aver preso soldi da Marrazzo. “Appena entrati nell’appartamento – ha detto il carabiniere – la prima cosa che abbiamo visto era un piatto con della polvere bianca che presumo fosse droga e dei contanti”. “Poi ho visto Marrazzo uscire da una porta, in camicia e mutande. Era in stato confusionale e non era lucido. Malgrado girasse la voce che frequentasse travestiti, siamo rimasti stupiti. Il presidente ci disse che non stava commettendo alcun reato, e che conosceva tutti i nostri vertici. Ci chiese di non portarlo in caserma. Non ci sono state minacce nel chiedere di non procedere. Velatamente, ci disse che se l’avessimo portato in caserma avremmo creato dei problemi a lui ma soprattutto a noi”. Riguardo al successivo tentativo di vendere il video girato in casa di Natalie, Simeone ha raccontato che, dopo quattro tentativi falliti, il filmato non è stato venduto. “Rifiutammo un offerta di 40 mila euro da una agenzia – ha aggiunto Simeone – la ritenevamo bassa in confronto al rischio, anche perché ci eravamo accorti di essere pedinati dal Ros”. Per il militare, comunque, il video sarebbe stato solamente materiale di “gossip” non l’oggetto di un ricatto o di una estorsione.


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