Milano, 13 novembre – Questo sì che è un bel morso alla mela di Apple. La multinazionale californiana è sotto indagine penale da parte della Procura di Milano, la quale ipotizza il reato di dichiarazione dei redditi fraudolenta, sino ad ora contestata a due manager dell’azienda, in concorso tra loro e con l’aggravante della continuazione nel tempo. In attesa di ulteriori accertamenti, al momento il nome dei due indagati non è stato divulgato.
Secondo le indagini, ingenti somme sarebbero state occultate al fisco italiano. Ben 206 milioni di euro circa l’imponibile fiscale sottostimato del 2010, oltre ad 853 milioni del periodo d’imposta per il 2011. Se fossero riscontrate queste ipotesi, Apple Italia andrebbe incontro a multe salatissime, sulla base di una falsa rappresentazione delle scritture contabili e avvalendosi di mezzi fraudolenti tesi a ostacolare l’accertamento. Praticamente, nei due anni contestati, Apple avrebbe nascosto al fisco circa un miliardo e sessanta milioni di euro che, in gergo tributario, vengono chiamati “elementi attivi” che concorrono alla formazione dell’imponibile.
Stando, dunque, all’accusa, i profitti realizzati dalla casa di Cupertino in Italia venivano contabilizzati dalla società di diritto irlandese “Apple Sales International”, seguendo uno schema ben diffuso anche in altre multinazionali di hi-tech ed internet – Google in primis – e grazie al quale i gruppi riescono a pagare tasse ridotte sui loro enormi profitti: praticamente si approfitta di una serie di norme nella legislazione irlandese che, solo recentemente, sono state messe sotto osservazione dall’Unione Europea.
Il titolare dell’inchiesta è il procuratore Adriano Scudieri, coordinato dall’aggiunto Francesco Greco. Sulla base di questi riscontri è stato ordinato il sequestro di un lotto di materiale informatico oltreché telefonico nella sede di piazza San Babila, a Milano. L’operazione è stata effettuata allo scopo di trovare le prove della frode, dopo che il materiale verrà analizzato. Tuttavia, Apple Italia ha impugnato il provvedimento del sequestro e, per questo, sulla sua correttezza dovrà decidere il Tribunale del Riesame.
Il procuratore si è avvalso dell’attività della direzione regionale lombarda dell’Agenzia delle Dogane. Secondo quest’ultima, sarebbero stati rintracciati gravi indizi in ordine alla sottrazione di somme molto rilevanti dall’imposizione dell’IRES (Imposta sui Redditi delle Società). Il tutto, anche sulla base delle dichiarazione degli stessi clienti di Apple Italia che, ben celati dietro un “meccanismo fraduolento” ha portato all’apertura del fascicolo dei due indagati. L’ipotesi a monte è che Apple Italia non si occupi soltanto del supporto al canale di vendita, assistenza e di servizi accessori alla società irlandese, ma che questa attività sia il vero cuore dell’attività commerciale compiuta in Italia: detto in soldoni, si sospetta che vi sia un’organizzazione stabile e ben celata di fronte a quella leggera e di facciata indicata da Apple.
Nella giornata di ieri, il pubblico ministero ha incontrato i legali dei due indagati, i quali hanno scelto di farsi assistere dall’ex Ministro della Giustizia del Governo Monti: Paola Severino. Ad ora, non si conoscono i contenuti del colloquio. Nel frattempo, da ciò che risulta in un altro fascicolo in ordine ai presunti reati fiscali perpetrati da Apple in Italia, un simile procedimento era già stato aperto in passato e successivamente archiviato. Dunque, il nuovo fronte giudiziario nei confronti della multinazionale americana sembra indicare come la procura milanese sia in possesso di ulteriori riscontri circa l’ipotesi della frode.
A prescindere da questa inchiesta, è inevitabile constatare come anche in Italia stia crescendo la pressione verso queste architetture societarie transnazionali, le quali permettono alle multinazionali stesse – soprattutto a quelle tecnologiche, sempre di più sotto la lente d’ingrandimento da parte degli inquirenti – di beneficiare del grosso della tassazione sui proventi delle attività. Altresì, bisogna sottolineare come, anche in questo caso, irrompa nuovamente con forza la questione irlandese nella lotta all’elusione del fisco (non solo italiano).
Alla luce di tutto ciò, molti paesi ipotizzano l’istituzione di una vera e propria “Google Tax”, attuale argomento di discussione anche in Italia in vista della prossima Legge di Stabilità. Tuttavia, si auspica che questa operazione venga effettuata anche a livello OCSE, dove la questione procede colpevolmente a rilento. L’esempio diametralmente opposto rispetto alla velocità con cui sfuggono al fisco degli utili dei giganti del web come Apple, Google, eBay e compagnia.