Roma, 23 dicembre – «L’Italia ce la farà. Ne sono pienamente convinto. L’anno prossimo sarà un anno in cui le nostre istituzioni si riformeranno in modo compiuto». Sono queste le parole del presidente del Consiglio, Enrico Letta, durante la consueta conferenza stampa di fine anno. Parole ottimiste e fiduciose che lasciano però alcune perplessità, considerando l’effettiva condizione economica del Paese che ha tanto sentito parlare di ripresa e di crescita ma non ha visto né l’una né l’altra. «L’Italia è come un incidentato che ha avuto un incidente pesante e duro, poi è stato portato al pronto soccorso e in sala operatoria – dice Letta – abbiamo lasciato pronto soccorso e sala operatorie e siamo alla fisioterapia». Neanche una parola sul vortice di tasse introdotte dalla legge di Stabilità, quelle che aggraveranno dal prossimo gennaio, ancora maggiormente, le condizioni economiche dei cittadini. Neanche una parola sulle aziende che hanno chiuso e che stanno chiudendo, sommerse dai debiti e dalle tasse, incapaci di sopravvivere e sulla disoccupazione. Neanche una parola sui dati allarmanti che evidenziano come il numero delle persone che vivono in stato di povertà assoluta è aumentato vertiginosamente. Si parla di una «svolta», di una ripresa che si vedrà subito nel prossimo anno. Ma di questa svolta non vi è traccia e le parole del premier sono tutte rivolte al futuro, come sempre. E nel frattempo aumentano le imposte, ancora. Ormai ogni parola suona come una delle tante promesse non mantenute. «A gennaio inizieremo una discussione – assicura – perché vogliamo creare occupazione buona, ma non occupazione senza diritti». Sulle tasse, però, Letta non la racconta giusta. Da una parte, infatti, loda i benefici del taglio del cuneo fiscale, dall’altra assicura di aver abbassato la pressione fiscale a partire dall’abolizione dell‘Imu sulla prima abitazione. In realtà, non solo la legge di Stabilità ha introdotto nuovi balzelli, ma l’imposta sulla casa (che nel 2013 non stata del tutto abolita) è destinata a tornare nel 2014 sotto il nome di Tasi. Ennesima bugia.