Roma, 2 dicembre – Raffaele De Dominicis, procuratore regionale della Corte dei Conti, lancia il suo pesantissimo “j’accuse”, rintuzzando il fuoco della polemica nell’intricatissima vicenda della costruzione della Metro C. Un’opera che avrebbe dovuto garantire una vita migliore agli abitanti della Capitali e che invece, stando alle sue parole, ha solo migliorato i conti in banca di qualche persona. Il magistrato, nel suo acceso pamphlet, dichiara: «Nella vicenda della Metro C la politica è vittima. La posizione del sindaco Marino è molto scomoda, ma il professore ha agito bene, così come tutti gli amministratori locali insieme ad Alemanno. È l’aspetto tecnico che non funziona con una legislazione troppo sofisticata e claudicante».
A questo, poi, bisogna aggiungere il torbido comportamento portato avanti dalle imprese costruttrici, le quali sarebbe complici di Roma Metropolitane, ossia la società che segue la realizzazione dell’opera per conto del Campidoglio. Secondo il magistrato, i lavori sarebbero stati prolungati ad arte per incassare di più: «Il ritardo accumulato – accusa De Dominicis – è dovuto al fatto che se i lavori durano di più, le opere costano di più. Le responsabilità sono tutte degli operatori sul campo, perché non sono state rispettate pienamente le norme. I politici, in un certo senso, sono vittima di questi tranelli, di un sistema ideato per favorire l’interesse privato su quello pubblico a colpi di cambi di progetti».
Non sorprende affatto, dunque, l’apertura di tre faldoni d’inchiesta sulla costruzione della terza linea della metropolitana, rivela il procuratore regionale. Inoltre, il filone principale è seguito dallo stesso De Dominicis, il quale si sta concentrando sull’individuazione delle varianti che hanno portato ai ritardi nel completamento ed i conseguenti responsabili della loro attuazione. Negli altri due fascicoli, invece, è conservata la relazione sulla Metro C firmata dalla sezione di controllo della Corte dei Conti approvata nel 2011: nel primo dei due vengono esaminati i possibili danni che la linea C potrebbe causare ai monumenti presenti nell’area archeologica, nell’altro si cerca di far luce sui finanziamenti.
La sua accusa giunge proprio nel giorno in cui Maurizio Salvi, ragioniere generale del Campidoglio, ha apposto la sua firma sui mandati di pagamento per 166 milioni di euro ed ha anche sbloccato la prima tranche di fondi destinati al completamento della T3, l’ultima tratta della linea. Il giudice non ci sta ed alza i toni: «È un’opera strategica realizzata male e arriverà, forse, a San Giovanni. Alcune situazioni sono uno scandalo nello scandalo. Nella parte più facile del tracciato, quello esterno, a un certo punto la linea si ferma. Dopo la fermata Giardinetti c’è un solo binario. Il secondo verrebbe costruito solo una volta incassata la certezza di arrivare fino al Colosseo».
Ora, al vaglio della procura ci sono le posizioni dei dirigenti – vecchi ed attuali – del consorzio delle imprese costruttrici, oltreché della società partecipata dal Campidoglio, la quale è incaricata di seguire la realizzazione dell’opera. De Dominicis conclude: «Sono state individuate responsabilità specifiche, tutta la dirigenza di Roma Metropolitane, innanzitutto. Ci sono nomi, cognomi e indirizzi precisi. Ma non posso dire di più perché poi subentra la riservatezza istruttoria».