Roma, 9 gennaio – Associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti. Sono queste le accuse che hanno portato all’arresto di sette persone, fra cui Manlio Cerroni, patron della discarica di Malagrotta, chiusa il 30 settembre 2013, dopo 30 anni di attività. Che dietro la gestione dei rifiuti capitolini e regionali in generale ci fossero interessi e affari malavitosi era noto ma adesso è finalmente ufficiale e dopo cinque anni di inchiesta finalmente i responsabili sono stati arrestati. Oltre a Cerroni (agli arresti domiciliari per motivi di età), in manette anche anche l’ex presidente della Regione Lazio Bruno Landi (anni ‘90). Gli altri sono Luca Fegatelli, fino al 2010 a capo della Direzione regionale Energia, il manager Francesco Rando, l’imprenditore Piero Giovi, inoltre Raniero De Filippis ex dirigente della Regione Lazio e Pino Sicignano, direttore della discarica di Albano Laziale. Indagato anche Piero Marrazzo, presidente della Regione Lazio fra il 2005 e il 2009 e alcuni componenti della sua giunta. Malagrotta, la discarica più grande d’Europa, alle porte della capitale, è stata chiusa perché satura lo scorso settembre dopo aver smaltito 4.500-5000 tonnellate di rifiuti ogni giorno per 30 anni. La discarica doveva essere sigillata nel 2004 ma, proroga su proroga da parte del governo, si è arrivati ad ottobre dello scorso anno. Il Comune ha versato per ogni chilo di immondizia 0,044 euro, circa 44 milioni di euro all’anno. Con il passare del tempo una normativa europea ha imposto la chiusura della discarica, ma Cerroni non s’è perso d’animo e ha costruito il gassificatore, messo successivamente sotto sequestro perché non a norma. Inoltre ad Albano Laziale ha ricevuto l’autorizzazione integrata ambientale per la costruzione di un altro gassificatore e pare abbia anche rilevato, dal locale Consorzio Gaia, l’inceneritore di Colleferro. Il dossier Eurispes evidenzia un danno ambientale, dovuto al «dramma da percolato che, penetrato nel suolo, è arrivato sino alla falda, inquinandola». Dito puntato anche sui «30mila metri cubi di biogas» prodotti dagli scarti della città. E sulla questione delle colline che, sotto il peso dei rifiuti, ogni anno si abbassano di un metro formando laghetti di acqua piovana. A suo tempo, un approfondimento condotto dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico aveva portato alla luce una truffa nello smaltimento della spazzatura nell’impianto di Albano Laziale. I rifiuti venivano portati nella discarica, pesati e poi fatturati con una maggiorazione sul prezzo. Grazie alla complicità di alcuni funzionari dell’assessorato regionale ai rifiuti, alla società di Cerroni venivano pagate fatture sovradimensionate rispetto alla spazzatura realmente smaltita.