Roma, 31 gennaio – «Nulla potrà cancellare l’esperienza di essere stata ingiustamente imprigionata e per questo io non tornerò mai più in Italia». Amanda Knox sembra sicura mentre parla via Skype con un giornalista del New York Times appena prima che la Corte di Appello di Firenze pronunci la sentenza che la vedrà condannata a 28 anni e 6 mesi di reclusione per l’omicidio di Meredith Kercher. «Mi vogliono in prigione e quindi io sarò latitante» continua la studentessa americana che, dopo aver raccolto l’iniziale appoggio dei suoi connazionali che la credevano innocente, sembra negli ultimi mesi credibilità anche negli Stati Uniti. Per i media statunitensi, infatti, l’immagine granitica della ragazza accusata ingiustamente ha cominciato a sgretolarsi. Molti giornali, inizialmente innocentisti, si sono esposti giudicandola una mente diabolica. Ora, davanti alla sentenza del processo bis che la vede condannata al oltre 28anni di carcere ci si chiede dove e se sconterà la sua pena. Sembra infatti che la situazione della Knox possa destare problemi nei rapporti fra l’Italia e gli Stati Uniti, non essendo il primo caso che i due paesi si ritrovano a fronteggiare. Alcuni attriti diplomatici si erano creati nel caso Calipari e per la Strage del Cermis.
In entrambi i casi le diplomazie dei due Paesi hanno dovuto lavorare per riconoscere le colpe ai cittadini americani. E nel caso del Cermis i quattro ufficiali colpevoli della morte di 20 persone, non hanno mai sostenuto un processo in territorio italiano, Paese dove era avvenuta la strage. Strage del Cermis: il 3 febbraio 1998 un aereo militare Grumman EA-6B Prowler statunitense trancia il cavo della funivia del Cermis, in Val di Fiemme a Cavalese e provoca la morte di 20 persone. L’aereo era decollato dalla base aerea di Aviano alle 14:36. Durante un volo di addestramento a bassa quota, tranciò le funi del tronco inferiore della funivia del Cermis. La cabina, al cui interno si trovavano venti persone, precipitò da un’altezza di circa 150 metri schiantandosi al suolo dopo un volo di 7 secondi. Il velivolo, danneggiato all’ala e alla coda, fu comunque in grado di far ritorno alla base. Nonostante la presenza di testimoni, la dinamica dei fatti non apparve subito chiara.
Solo la prontezza dei magistrati trentini, che sequestrarono immediatamente l’aereo incriminato nella base di Aviano, ha permesso di chiarire le responsabilità. In effetti l’aereo era già pronto per essere smontato e riparato. I pubblici ministeri italiani richiesero di processare i quattro marines in Italia, ma il giudice per le indagini preliminari di Trento ritenne che, in forza della Convenzione di Londra del 19 giugno 1951 sullo statuto dei militari NATO, la giurisdizione sul caso dovesse riconoscersi alla giustizia militare statunitense. L’episodio creò un clima di forte tensione tra statunitensi e italiani. Il presidente degli Stati Uniti d’America Bill Clinton si scusò per l’incidente solo alcuni giorni dopo, e promise alle famiglie delle vittime risarcimenti in denaro.Dopo poche settimane il Presidente del Consiglio, all’epoca Romano Prodi assieme ad una rappresentanza del governo italiano, volò in terra statunitense.Una cosa analoga accadde per il Caso Calipari che vide l’uccisione di Nicola Calipari nel 2005, da parte di un soldato statunitense. La magistratura italiana aprì immediatamente un’inchiesta ma dell’accaduto furono date due versioni diverse: una italiana ed una americana. La Procura della Repubblica di Roma il 19 giugno 2006 formalizzò la richiesta di rinvio a giudizio per il militare americano Mario Lozano. Ma Mario Lozano risultò irreperibile: mancò la collaborazione richiesta e non ottenuta dagli Stati Uniti. Le autorità americane respinsero anche una rogatoria internazionale presentata dalla Procura di Roma. Con sentenza del 19 giugno 2008, la I Sezione penale della Corte di Cassazione rigettò il ricorso della Procura di Roma, confermando la mancanza di giurisdizione italiana sul caso.
Ora si presenta l’ennesimo caso di possibilità di attriti diplomatici fra Italia e Stati Uniti. Per il momento, fino a quanto la sentenza non diventerà in giudicata, ossia con sentenza della Corte di Cassazione, la Knox potrà risiedere legalmente negli Stati Uniti. Solo dove una sentenza di terzo grado la ritenesse colpevole e si rifiutasse di tornare in Italia per scontare la pena, Amanda diventerebbe latitante. Se verrà confermata la sentenza del tribunale di Firenze, però, potrà essere applicata una Convenzione stipulata con gli Usa nel 1983 ed entrata in vigore l’anno successivo, che regola l’estradizione nel caso in cui la condanna superi un anno di carcere. Quindi, attriti diplomatici a parte, e nonostante la cosa possa non essere esattamente di suo gradimento, Amanda potrebbe scontare la sua pena in un carcere italiano.