Roma, 27 febbraio – L’Ucraina si prepara a voltare pagina. Dopo la fuga del presidente Yanukovich, Arseni Yatseniuk, membro del partito della Madrepatria – lo stesso dell’ex prigioniera politica Yulia Timoshenko – ha ufficializzato la propria candidatura per guidare il nascente governo di unità nazionale che traghetterà fino alle prossime elezioni, fissate per il 25 maggio. La presentazione è avvenuta sul palco di piazza Indipendenza, alla presenza di alcuni papabili ministri. Tra i favoriti in lizza anche l’ex ministro degli Esteri Piotr Poroshenko.
Un segno del cambiamento viene dalla destrutturazione dei reparti di polizia speciale governativa “Berkut”, identificati con il potere autoritario di Yanukovich, su ordine del ministero dell’Interno. Ad accentuare il distacco con il passato si aggiunge poi il rigido requisito imposto a chi intenda concorrere per la premiership: banditi ogni coinvolgimento con il regime dopo il 2010, casi di violazione dei diritti umani o corruzione, necessari almeno sette anni di esperienza nel proprio settore di competenza, riducibili a cinque per i titolari di Interno, Difesa e Servizi di Sicurezza.
Ma la situazione è tutt’altro che pacificata, in Crimea si acuiscono gli scontri che stanno innalzando i rischi di secessione, obiettivo dichiarato dei russofoni della regione, circa il 60% della popolazione. Dalla Russia si nega ogni coinvolgimento, le dichiarazioni ufficiali riconoscono l’appartenenza dell’area all’Ucraina e predicano cautela contro decisioni affrettate, come le richieste pervenute per agevolare l’iter per l’ottenimento della cittadinanza russa.
Nel frattempo nella base navale russa del porto di Sebastopoli rimane di stanza la flotta del Mar Nero e sono comparsi i carri armati, le unità sono in stato d’allerta, mentre nella notte gruppi armati e in uniforme mimetica hanno preso d’assalto e occupato il palazzo governativo della Regione issando il vessillo russo, per fortuna senza conseguenze in termine di vite umane perché le divisioni di polizia speciale sono rimaste al di fuori del perimetro del centro esecutivo locale. Non accetta provocazioni il presidente ucraino ad interim Turcinov, che avverte: “I movimenti di truppe fuori dalla zone stabilite saranno considerati un’aggressione”.
Di fatto la Russia attende di capire l’evoluzione degli eventi ed il finanziamento precedentemente accordato di 15 miliardi per riassestare un’economia allo sbando potrebbe essere cancellato qualora il nuovo establishment non fosse di gradimento come il precedente governo Yanukovich. Nel dubbio, Mosca marcherà visita alla conferenza con Usa, Ue e Fmi sulla possibilità di aiuti, su cui anche Bruxelles rimane cauta in attesa di ulteriori sviluppi politici. In bilico anche le tariffe vantaggiose sulle forniture di gas definite fra Putin e Yanuchenko, dopo i forti rincari trattati con la Timoshenko che nel 2011 portarono all’arresto dell’ex presidente – forse più simbolo della dissidenza all’estero che in patria, ora libera ma accolta dai fischi della piazza.
La procura generale ucraina ha emesso nelle ultime ore un mandato d’arresto internazionale per Yanukovich, l’accusa formale è “uccisione di massa” dopo la morte di circa cento manifestanti – le cifre variano a seconda della fonte – nello scenario da guerra civile di questi giorni. L’ipotesi è che Yanuchenko si sia rifugiato dagli amici russi, si parla di una prima tappa in Crimea dall’ex ministro della Difesa Lebedev e una seconda a Donetsk dall’oligarca Akhmetov. Ma il procuratore generale Makhnitski spera ancora in una cattura nei confini nazionali.