Roma, 11 marzo- Una storia terrificante quella di Valentina, fra malasanità e falsa etica. Lei è una giovane moglie, che sogna una famiglia, ma una rara malattia genetica le impedisce di avere figli, se non con il rischio di trasferirgli la malattia. Ufficialmente però Valentina risulta fertile e, secondo la legge italiana, non può accedere alla fecondazione assistita e alla diagnosi pre-impianto. Dunque la tanto attesa gravidanza si è trasformata in un incubo, quando ormai al quinto mese, la coppia ha scoperto che la bimba era malata. La gravità della situazione li ha spinti a decidere per l’aborto, anche se ormai era praticamente un parto. Dopo un primo rifiuto da parte della sua ginecologa, Valentina è riuscita a farsi ricoverare al Sandro Pertini, grazie all’unica dottoressa non obiettrice. Ha iniziato il trattamento per indurre il parto, ma poi il cambio di turno l’ha gettata nel terrore. Tutti i medici subentrati erano obiettori, Valentina è stata messa al fianco delle neo mamme, a sentire i gemiti di vita degli altri neonati. E lì è stata abbandonata, fra lancinanti dolori e grida di aiuto. Il marito faceva la spola, pregando medici e infermieri di aiutarli, ma nessuno si è fatto avanti, tranne un gruppo di sedicenti pro-vita con i Vangeli in mano e critiche pronte sulla lingua. Dopo 15 ore di inferno, coperta di vomito e febbricitante, Valentina ha partorito il piccolo feto malato, in bagno, sorretta solo da suo marito, mentre il personale del Sandro Pertini si era volatilizzato. Nonostante l’omissione di soccorso fosse evidente, Valentina non ha sporto denuncia, troppo per lei dover rivivere quell’inferno una seconda volta, in un’aula di tribunale, soffocata dalle domande del pm e degli avvocati. L’associazione Coscioni però l’ha aiutata comunque e il tribunale ha dovuto darle ragione sulla legge 40 ( che regola la fecondazione assistita). Adesso anche lei e le persone affette dalla sua malattia potranno accedere alla diagnosi pre-impianto. Restano ancora da aiutare tutte le donne che non possono o non vogliono portare avanti la gravidanza e invece di essere assistite prima e dopo l‘aborto, vengono abbandonate in un bagno.