La Crimea come parte di quella Piccola Russia di un immaginario condiviso che guarda all’Ucraina quale rappresentante indissolubile dello spazio russo è ora luogo innanzitutto di un’attenzione diplomatica. In queste ore, la crisi ucraina in Crimea è espressa attraverso le parole preoccupate della Nato che si rivela per voce di Rasmussen, segretario generale della Nato, con toni di accusa circa l’ aggressione da parte della Russia in Ucraina, definita come “la più grave minaccia alla sicurezza dell’Europa dalla fine della guerra fredda”. Da quando domenica il referendum ha sancito con una vittoria netta la volontà Crimea di essere annessa alla Russia, le milizie sono in attrito permanente: filorussi vs ucraini. Putin ha anticipato la firma del trattato di adesione, un trattato che da parte occidentale è considerato a dir poco “illegittimo”.
A proposito della Comunità europea di difesa, del fatto che l’Unione dovrebbe avere una voce unica in sede di politica estera e soprattutto laddove sia necessario compattarsi per una versione comune del nemico, le cancellerie non sono concordi nelle posizioni di fatto sulla Russia. La Germania della Merkel considera temporanea l’esclusione della Russia dal G8, l’ Inghilterra di Cameron parla invece del G7, convocato lunedì all’Aja e “dell’esclusione permamente della Russia” dal G8.
I militari ucraini che si trovavano in Crimea erano da domenica in fase di rientro. Così aveva confermato Il segretario del consiglio di sicurezza Andriy Parubiy che annunciava anche la richiesta da parte dell’Ucraina alle Nazioni Unite. di dichiarare la Crimea zona demilitarizzata. Stamattina tuttavia in Crimea, circa 200 miliziani filo-russi hanno assaltato il quartier generale della Marina Militare ucraina, tuttora ospitato nel porto di Sebastopoli, dove ha base la Flotta russa del Mar Nero: lo ha denunciato un portavoce militare di Kiev, Sergiy Bogdanov, secondo cui gli aggressori hanno assunto il controllo di una parte almeno del complesso. “Alcuni indossano passamontagna”, ha riferito Bogdanov, ma “sono disarmati”, e “da parte nostra non è stato sparato un colpo”.
L’occupazione non avrebbe incontrato resistenza da parte dei militari ucraini barricatisi entro la struttura. Da Kiev il ministro della Difesa ad interim, Ihor Tenyukh, ha ribadito allora che le forze dell’Ucraina non lasceranno la penisola ribelle nemmeno dopo la firma del trattato che l’annette a Mosca da parte del presidente russo Vladimir Putin. Anche l’atteggiamento ucraino sembra quindi corrispondere alla schizofrenia internazionale, fatta di dichiarazioni, smentite, passi in avanti e retrocessioni. Forse espressione di quella tensione identitaria tra l’autocoscienza- una destinazione sconosciuta- , il rifiuto di essere solo l’appendice di un impero russo e la rassegnazione di un disastro economico.
Roma, 21 marzo