Roma, 15 marzo – “Sbagliando si insegna” citando Carmelo Bene, il regista Paolo Sorrentino si congeda dalla giornata che gli è valsa una cittadinanza onoraria di Roma.
Con La Grande Bellezza, il regista ha vinto l’oscar e l’omaggio da parte del Sindaco di Roma Ignazio Marino. Sorrentino è stato accolto dal Sindaco della capitale, i due hanno parlato e sono stati immortalati nella tradizionale foto sul balcone con vista sui Fori Imperiali. Una cerimonia ufficiale che si è svolta nell‘Aula Giulio Cesare, sede del consiglio comunale, dove il regista Paolo Sorrentino ha ricevuto la pergamena e la Lupa capitolina, a sancire lo status di cittadino romano.
Marino si esprime con elogi sul film che da quando è stato premiato ha rappresentato “l’orgoglio di tutta la città di Roma”. Il Sindaco parla del fatto che Roma non si valuta a sufficienza, che la bellezza struggente e complessa della Capitale dovrebbe ritrovarsi con coerenza attraverso una maggiore promozione culturale. Il regista, invece sottolinea l’inaspettatezza della vittoria e la casualità dell’arte che crea imbarazzo laddove istituzionalizzata.
Due discorsi ufficiale e pseudo-ufficioso che difficilmente possono coesistere. Di fatto la cittadinanza è sembrata un fatto dovuto posto che il regista ha avuto il merito di riportare l’Italia negli schermi mondiali. Ma il tema del film non è certo una lode a Roma bensì lo sguardo impietoso sul cascame moderno di cui Roma è la degna Regina.
Per Marino, “ne ‘La Grande Bellezza’ ogni inquadratura ci consegna l’impronta della storia, dell’arte, delle mille invenzioni tecniche ed urbanistiche che, di generazione in generazione, sono diventate un luogo dell’anima per milioni di persone al mondo. Tutta questa bellezza – prosegue il sindaco – a volte, stordisce e fa emergere la sensazione di non riuscire a cogliere del tutto l’essenza più vera e profonda di Roma ed interpretarla nel modo più corretto. Ma questo, come è ovvio, non ci suggerisce di rinunciare.
Sorrentino risponde invece con un Che ci faccio qui dal titolo del romanzo di Bruce Chatwin. “Che ci faccio qui” dice Sorrentino “è quella condizione di intontimento con la quale fanno i conti quotidianamente tutti quelli che come me per lavoro o per diletto maneggiano la fantasia. Che ci faccio qui è la perenne condizione di musicisti, danzatori, pittori, attori e registi dal momento in cui hanno ostinatamente deciso di porsi lateralmente rispetto alla vita vera per accarezzare l’insensata speranza di compiere un passo avanti rispetto alla realtà”.