Roma, 17 marzo – Da Bologna arriva la notizia di una nuova tecnologia che permetterà di scoprire le eventuali anomalie genetiche del feto solo attraverso un semplice esame del sangue. Fino ad ora l’unico modo per saperlo era quello di sottoporsi a una amniocentesi, esame purtroppo invasivo e comunque pericoloso. Il macchinario che, sfruttando i principi della elettroforesi, permette di isolare singole cellule presenti nel sangue mantenendole vive, intatte e in grado di riprodursi, è già presente in Italia in sette centri e viene usato principalmente per individuare la presenza di cellule tumorali.
Spiega Paola Castagnoli, direttore scientifico del Sign (Singapore Immunology Network) dal 2008: “L’apparecchio permetterà di esaminare cellule rarissime e svelarne caratteristiche finora mai rilevate. Una nuova tecnologia diagnostica, che consentirà di bypassare un esame invasivo e rischioso come l’amniocentesi”.
L’idea di isolare le cellule rare presenti nel sangue era venuta anni fa a un giovanissimo ingegnere italiano, Gianni Medoro. Mentre è seduto al bar della facoltà di ingegneria meccanica a Bologna, Medoro ipotizza una macchina capace di utilizzare la microelettronica per individuare nel sangue cellule anomale. Decide di condividere la sua idea con un amico di poco più grande di lui, Niccolò Manaresi. Così nasce la Sylicon Byosistem che detiene il brevetto dell’apparecchio.
Grazie all’azienda italiana Menarini, che ne intuisce la grande potenzialità, nel 2010 è stato possibile installare la prima macchina e depositare trentuno brevetti internazionali. Nei prossimi giorni verrà siglata a Singapore un’intesa tra la Menarini e Sing che si propone, da qui a due anni, di scoprire i marker che possono rivelare altre patologie, come le malattie infiammatorie e quelle autoimmuni. La tecnologia costa 350.00 euro e al momento è presente in una trentina di centri in tutto il mondo, di cui sette in Italia,: al Cibio di Trento, all’Irst di Meldola, all’Istituto Mendel di Roma, all’Università di Firenze, all’Università di Udine, all’Università di Catanzaro e all’Università di Urbino.