“Friccicarella”, come si dice da queste parti è l’aria che si respira a Roma in queste ore. In un misto di attesa e tensione perchè tutto vada nel migliore dei modi. Inizio il mio viaggio dal Raccordo Anulare, in auto, verso il capolinea Anagnina della metro A. Molti gli autobus provenienti dall’est europa in coda all’uscita che conduce al parcheggio di scambio della metro. Molti gli ausiliari del traffico lungo la strada che conduce ai parcheggi coperti, controllano la regolarità della sosta delle auto e, con la Polizia Municipale, forniscono le informazioni sugli itinerari a chi appare evidentemente spaesato.
Lo spiazzo prospiciente l’ingresso alla Metropolitana è un brulicare di pellegrini. Molti gli agenti della polizia, della protezione civile, del personale Atac e della Croce Rossa che, come comunicato nei giorni scorsi dall’Agenzia della Mobilità controllano l’accesso ai varchi ed il deflusso delle migliaia di persone.
Avvicino un pellegrino brasiliano, Joao, 30 anni. Mi dice che è qui per la canonizzazione di Giovanni Paolo II. Si unisce ad una folta coda di pellegrini polacchi con foulard coi colori della bandiera nazionale. Gli chiedo se sia con loro, mi fa cenno di no, viaggia da solo e approfitterà dell’evento, anche per attraversare l’Europa. Non ha trovato un posto per trascorrere la notte, mi dice che spera nella clemenza del tempo e che cercherà un posto di fortuna per strada. Forse davanti ai grandi maxi schermo allestiti per chi non può raggiungere San Pietro. Mi assale un senso di misericordia e non lo avverto dell’allerta meteo diramata sul Lazio e delle decine di venditori di ombrelli (non mancano mai) che paion avvertire più di Giugliacci che, nonostante il sole che spacca le pietre, la pioggia è questione di ore.
Un milione di persone sono attese a Roma, tuona Alfano con soddisfazione, ma per chi decide di salire sulla metro, sembra una minaccia e paion essere tutti quanti lì in quel preciso istante. Stipati come sardine. Anche se l’Atac ha intensificato, e di molto, il passaggio dei mezzi.
Se a Furio Camillo, la metro è già una scatola incontenibile,il dramma si consuma quando si avvicinano le fermate del Centro. Da San Giovanni a Termini. Qualche cittadino da in escandescenza maledice i turisti (per avergli pestato i piedi), qualcun altro se la prende col sindaco, qualcun altro ancora invoca direttamente l’aiuto dei Papi futuri santi. Amen.
Lascio il posto ad una coppia del Michigan. Mi chiedono se è sempre così affollata, faccio un cenno di diniego col capo e gli chiedo quanto tempo fa hanno prenotato per soggiornare. ” A gennaio, siamo a Prati in un bed and breakfast con altri amici” – “Quando vi hanno chiesto”. domando, ” “non tanto, non tanto” – “ho letto cifre intorno ai milleottocento euro, è vero?” – Mi fanno di no con la testa “siamo sui 200 euro a notte”, piuttosto onesto penso e li metto in guardia sulla reflex tenuta così in bella mostra, con eccessiva sufficienza.
Quando la metro giunge a Termini, quasi a passo d’uomo, sembra l’ingresso in un girone dantesco. Se non fosse per il personale Atac presente sulle banchine, staremmo raccontando di un’altra storia. Non credo di aver mai visto tanta gente ferma alla banchina di quella stazione, tanta è la calca si sino ai finestrini. Il deflusso della gente che lascia il mezzo è reso difficoltoso da chi pretende di entrare senza attendere. Attimi di tensione, quando nella calca una madre non trova più il figlio fagocitato dalla folla che entra mentre lui esce. Poi tutto va per il verso giusto, grazie anche ad una buona dose di fortuna.
Desisto dal raggiungere le fermate più vicine al Vaticano, causa saturazione sempre maggiore del vagone. Scendo in una piazza Barberini ancora assonnata ma con i bar già presi d’assalto dai turisti. Pare che la pasta e la pizza spopolino anche al breakfast con un buon bicchiere di latte ad accompagnarli. De gustibus non disputandum est.
In piazza, la protezione civile con una quantità enorme di bottiglie d’acqua. Saranno distribuite gratuitamente, con una specifica dicitura che ne attesta la provenienza sull’etichetta, per evitare fenomeni di sciacallaggio come accadde ai funerali di papa Wojtyla quando gruppi organizzati raccoglievano l’acqua in bottiglia offerta dalla protezione civile e poi la rivendevano.
Scendo lungo via del Tritone, gli autobus che transitano sono stracolmi. Salgo sull’unico 85 lasciato tristemente semivuoto. Mi avvicino all’autista e gli chiedo come mai il suo mezzo sia meno pieno degli altri. Mi dice che l’azienda ha intensificato le corse dei bus nel centro, con frequenze, per gli autobus, anche di 7/8 minuti che non è poco per un mezzo di superficie. Il problema è che,sempre secondo quanto mi confidava, i mezzi e il personale è stato in questi giorni sacrificato alle periferie. Ma si sa non si può pretendere di avere la botte piena e la moglie ubriaca, neanche dall’Atac. Soprattutto per un evento più unico che raro come questo.
Scendo a Piazza San Silvestro dove da un paio di giorni un gazebo della comunità francese accoglie i pellegrini francofoni, distribuendo guide utili, materiali delle visite di Giovanni Paolo II in Francia e cenni sul cristianesimo nel paese d’oltralpe. Mi avvicino ad una coppia di ragazzi inglesi, sulla trentina. Gli chiedo se sono arrivati anche loro a Roma per le canonizzazioni. Mi raccontano che sono nella Capitale solo per un giorno, non avendo trovato un posto per pernottare, nei mesi scorsi, hanno deciso di fare tappa a Napoli e di raggiungere Roma in treno. Mossi più che altro, da una insana curiosità per un evento che, tra le Mura Aureliane, sembra ormai possedere chiunque. Speriamo solo nella clemenza del tempo. Anche se, lo ripeto, il gran numero di ombrellai seduti sulle panchine in marmo di Piazza San Silvestro, non promettono nulla di buono.
Roma, 26 aprile