Continuano le indagini sul caso Moro. Gli inquirenti della procura di Roma ieri hanno raccolto le dichiarazioni dell’ex ispettore di polizia Enrico Rossi, che nelle ultime settimane aveva reso noto di essere stato ostacolato in alcune indagini svolte a partire dal 2009 quando giunse alla sua attenzione un documento anonimo che sarebbe stato scritto da uno dei due uomini che era in sella a una moto Honda la mattina del 16 marzo del ’78 quando in via Fani le Brigate Rosse sterminarono la scorta di Moro e rapirono lo statista. L’ex ispettore, però, durante le tre ore di interrogatorio, ha rettificato alcune dichiarazioni fatte precedentemente, tra cui proprio quella relativa a presunti ostacoli nella sua attività di indagine. La Procura adesso vuole verificare se dietro le affermazioni di questo testimone ci sia una strategia di depistaggi e disinformazione. “Sono stato esaustivo, spero di essere stato utile alle indagini”, ha detto l’ispettore in pensione dopo essere uscito dagli uffici di piazzale Clodio.
I magistrati dovranno riuscire a fare chiarezza su tanti aspetti ancora oscuri. Cercheranno subito riscontri per capire se quanto sostenuto da Rossi possa essere collegato alle dichiarazioni fatte nei mesi scorsi da Giovanni Ladu e dall’artificiere Vitantonio Raso. Il primo ha affermato all’ex magistrato Ferdinando Imposimato che i vertici dello Stato erano a conoscenza del covo di via Montalcini ma che non fecero nulla per salvarlo. Dal canto suo Raso ha raccontato che il 9 maggio del 1978 il corpo di Moro era in via Caetani circa due ore prima dell’ora ufficiale del ritrovamento. Il fascicolo all’attenzione dei pm romani contiene, tra l’altro, il verbale della perquisizione in un’abitazione di Bra, in provincia di Cuneo, dove risultava residente A.F., il soggetto che sarebbe stato alla guida dell’Honda. Nel corso di quella perquisizione, fu ritrovata in particolare una pistola Drulov (legalmente detenuta) all’interno di un mobile nel quale c’era anche una copia ristampata dell’edizione straordinaria di La Repubblica del 16 marzo 1978. L’uomo, che all’epoca abitava a Firenze con un’altra donna, morì tre mesi dopo la perquisizione.
In merito alla presenza della motocicletta sulla scena del sequestro, la mattina del 16 marzo del ’78, c’è anche uno schizzo della scena del crimine a confermarlo. Un documento, mostrato nel corso della puntata della trasmissione Top Secret su Tgcom24, ritrovato negli archivi e che venne fatto da un testimone oculare, l’ingegnere Alessandro Marini. Quest’ultimo in un interrogatorio davanti ai giudici la mattina del 26 settembre del 1978, traccia uno schizzo del luogo del rapimento di Aldo Moro, dove disegna se stesso all’angolo fra via Stresa e via Mario Fani e la moto Honda con i due uomini che poi gli spareranno contro, colpendo il parabrezza del suo motorino.
Roma, 2 aprile
Roma, 2 aprile