Si è spento alla prime luci dell’alba Emanuele Pacifici, figlio del Rabbino Riccardo Pacifici e di Wanda Abenaim, padre di Riccardo Pacifici, presidente della Comunità Ebraica di Roma. È stato un’importante figura dell’ebraismo italiano. I funerali si terranno oggi alle 14 all’interno del cimitero ebraico di Prima Porta. Ne dà notizia il portavoce della Comunità ebraica di Roma, Fabio Perugia: «Oggi suo figlio Riccardo, il Consiglio della Comunità ebraica di Roma e tutto l’ebraismo lo ricordano commossi».
Emanuele Pacifici, nato il 15 giugno del 1931, scampò alla Shoah nascondendosi dai cacciatori nazisti, ospitato nel collegio delle suore di Santa Marta a Settignano (Firenze) quando era ancora adolescente. Il padre fu catturato a Genova mentre era alla guida della sua Comunità; invece, la madre fu presa nel convento delle suore di Santa Maria Gesù in piazza del Carmine a Firenze. Entrambi furono trucidati nelle camere a gas di Auschwitz-Birkenau. Finita la guerra, ritrovato da un soldato della Brigata Ebraica all’interno del convento, Emanuele Pacifici tentò di fare l’Alyah (la “salita” verso Israele), ma una terribile malattia gli impedì di partire. Restò in Italia divenendo uno dei più importanti custodi della memoria ebraica italiana del Novecento.
Una vita dedicata a non dimenticare, alla memoria e alla registrazione degli eventi che hanno coinvolto l’ebraismo lungo decenni. Grazie al suo lavoro di raccolta ha ricostruito la storia delle Comunità ebraiche italiane, in particolar modo di quelle scomparse e ha conservato la più ampia documentazione sul rabbinato di Rav Elio Toaff. Custode geloso del suo archivio e della sua biblioteca ha dato la possibilità a tutti, dagli alunni ai professori, dai Rabbini agli uomini di Chiesa, di poter studiare gli avvenimenti che hanno coinvolto l’ebraismo italiano. Il 9 ottobre del 1982 Emanuele Pacifici fu coinvolto nel tragico attentato al Tempio Maggiore di Roma dove morì il piccolo Stefano Gaj Tachè. L’esplosione lo ferì lasciandolo in fin di vita, venne salvato dai medici dell’ospedale del Fatebenefratelli dopo aver lottato per mesi contro la morte. Neppure quell’episodio fermò la sua missione, continuò per tutta la vita a studiare e a registrare la storia, gli usi e le tradizioni dell’ebraismo italiano.
Addolorato per la scomparsa di Emanuele Pacifici, il sindaco di Roma: «La perdita di figure così rappresentative per la vita comunitaria della nostra città prende la forma di un dolore collettivo, che impoverisce tutti noi, la nostra storia, la nostra memoria – scrive Ignazio Marino in un messaggio inviato oggi al presidente della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici – Ricordo quanto egli ha fatto perché a Roma, ma direi nel Paese, non andasse disperso quel patrimonio immenso di temi e tradizioni ebraiche che, come accadeva nei decenni scorsi, erano più affidati alla parola che alla scrittura. Un lavoro capillare sulla memoria, che ha compreso anche e, soprattutto, la sua testimonianza di bambino vittima delle leggi e delle persecuzioni razziali. La sua autobiografia, che ci riporta a quanto visse negli anni della guerra, sono una eredità preziosa che Roma vuole ricordare con riconoscenza», si legge ancora nel messaggio. «La riconoscenza di una città che ha vissuto gli orrori della guerra e delle deportazioni. La riconoscenza di chi non vuole dimenticare non solo le ingiustizie, ma l’impegno personale di chi ha voluto testimoniare la sua vita, perché tutti sapessero. Un dono indimenticabile a tutta la nostra città», conclude il sindaco di Roma.
Roma, 14 aprile