Hayden Herrera, americana, critica d’arte, collaboratrice del New York Times e massima esperta di Frida Kahlo, ci conduce per mano attraverso la vita di questa pittrice straordinaria, nata il 6 luglio 1907, tre anni prima dello scoppio della rivoluzione messicana, a Coyoacán (Città del Messico). L’opera dell’artista, lo ricordiamo, è in mostra a Roma, alle scuderie del Quirinale fino al 31 agosto.
Molte (e spesso molto sfortunate) sono state le vicissitudini attraverso le quali la Kahlo è passata: dalla poliomielite da piccola al terribile incidente tra autobus e tram in cui rimase coinvolta poco più grande, che rese definitiva la semi-infermità dell’artista, procurandole anche atroci sofferenze che la accompagneranno per tutta la vita e svariati aborti spontanei e terapeutici, dovuti al fatto che il fisico martoriato della pittrice non era in grado di portare avanti una gravidanza. La malattia sarà una delle tematiche fondamentali della produzione artistica di Frida che di sé e della sua arte dirà: “Pensavano che anche io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni.” Il rifiuto dell’etichetta di surrealista (che molti surrealisti, a cominciare da Breton, hanno provato ad affibbiarle) è caratteristico della spontaneità dell’artista che, pur conoscendo bene l’arte classica e contemporanea, riusciva a mantenersi da essa fondamentalmente indipendente dando l’impressione, sempre che questo sia possibile, che la sua arte si fosse generata da sé, dal suo vissuto di sofferenza e di passione e dalla sua messicanità.
Grandi sono stati gli amori della Kahlo, da quello per suo marito, il muralista Diego Rivera (che Frida definì la seconda disgrazia della sua vita, laddove la prima era stata l’incidente), a quello per Lev Trockij, il grande dissidente russo rifugiatosi in Messico, dove verrà ucciso pochi anni dopo la sua liaison con Frida, arrivando a quelli per le molte donne con cui la Kahlo intrecciò relazioni saffiche (delle quali il passionale marito non fu mai geloso, a differenza delle relazioni con gli uomini che disapproverà sempre). Grande anche l’impegno politico, a fianco del marito Diego, in prima linea nel tentativo di portare la rivoluzione marxista nel mondo, soprattutto in quello industrializzato nord-americano, in cui Frida vivrà diversi anni (tra la California, Detroit e New York) e che detesterà profondamente (l’artista si riferì sempre, spregiativamente, agli U.S.A., come a “Gringolandia”). Grande infine il narcisismo di questa pittrice, la cui produzione artistica è composta soprattutto da autoritratti capaci di cogliere la bellezza e il fascino del tutto sui generis di questa donna (dalle caratteristiche sopracciglia folte e quasi unite e dalla bocca sensuale e carnosa incorniciata però dall’ombra dei baffi). Frida è il ritratto di una donna e di un’artista del tutto fuori dal comune. Biografia da leggere assolutamente, magari prima di visitare la mostra romana.
Roma, 23 aprile