Bendati, ammanettati dietro la schiena con delle fascette, poi le violenze, i colpi, le scosse elettriche, senza cibo per giorni, costretti a vivere nei loro escrementi. Sembra il racconto tremendo delle torture inflitte da terroristi e, invece, si tratta di soldati italiani. A raccontare in esclusiva questa storia è un militare italiano, in forze alla base White Horse di Nassiriya nel 2003 ( poco prima dell’attentato). Il programma le Iene ha raccolto questa testimonianza e l’ha mandata in onda, aprendo nuovi scenari sulle nostre spedizioni di pace all’estero ( già messe in discussione dopo gli stupri e le torture dei soldati italiani in Somalia). Il soldato parla al microfono di Luigi Pelazza, ammettendo che la priorità era farli parlare, in un crescendo di violenze. «Nella base si facevano interrogatori un pò particolari». Il cronista incalza chiedendo direttamente delle torture e il militare risponde «Chi di dovere se ne occupava, dovevamo farli parlare, quella era la priorità». Fuori dalle regole, senza controlli, senza diritti. I prigionieri potevano rimanere lì per mesi, finchè non cedevano, finché non parlavano e, alla fine, tutti parlavano.
«Non c’era un tempo preciso, rimanevano lì finché non parlavano. C’era chi parlava subito e chi resisteva, a qualcuno piaceva prendere i colpi». Il militare, a dimostrazione della veridicità delle sue parole, ha mostrato un filmato che sostiene di aver girato in una delle tende italiane. Nel video si vedono chiaramente le mani bloccate dietro la schiena con fascette da elettricista e le bende verde sugli occhi. Il militare continua il suo racconto, rivelando che spesso i prigionieri venivano torturati a testa in giù, la loro resistenza era minore così, oppure venivano lasciati allo stato brado (cioè nei loro stessi escrementi) fra una fase e l’altra degli interrogatori. Il cronista allora interrompe il flusso di ricordi, chiedendo chi si occupava dei viveri e dell’acqua per i prigionieri, ma il militare risponde di non saperne niente, lui comunque non glielo aveva mai portati.
Roma, 10 aprile