C’è chi non vede l’ora di tifare per la propria nazione, chi invece si accorge di essere “nazionalista” solo al fischio d’inizio della partita, chi invece per protesta neanche ci pensa a guardarli. I Mondiali di calcio, come ogni grande evento, attraggono amore e odio al tempo stesso. E sarà così anche per l’edizione 2014 che il prossimo 12 giugno, esattamente tra un mese, prenderà il via in Brasile. Una storia quella dei Mondiali fatta di gioie, dolori, curiosità, che proveremo a raccontare in queste pagine nei prossimi giorni fino al giorno del via dell’evento carioca. Dalla Coppa Rimet e dalle cronache prosaiche sulla carta stampata all’avvento delle radiocronache, fino alle trasmissioni in bianco e nero e l’emozione degli incontri in alta definizione. Un modo per ricordare ciò che è stato ma anche tirare fuori quanto è stato dimenticato o non è passato agli onori della cronaca.
E come non partire proprio dal Brasile, patria insieme all’Inghilterra del dio pallone, che con i suoi cinque titoli mondiali è il Paese ad aver vinto di più. Un’edizione sognata a lungo quella casalinga dai carioca, pronti a dominare ancora una volta il mondo e magari lavare l’onta di quella edizione beffarda del 1950, che fece cadere nella disperazione una nazione intera. Se 64 anni fa le città sede della Coppa erano concentrati nel sud-est e sud del Paese, quest’anno le sedi saranno più equamente divise tra tutte le principali regioni, con un dispendio di energie per le varie nazionali, vista la grandezza del Brasile. La Federazione brasiliana stima che il costo di costruzione e ristrutturazione degli stadi si aggirerà alla fine sui 9,9 miliardi di Real brasiliani (5,6 miliardi di dollari), oltre ai costi per le ulteriori strutture di accoglimento, per la viabilità e non solo. In campo il meglio del calcio Mondiale.
E se il grande assente sarà Ibrahimovic con la Svezia e il “milionario” Bale con il Galles, tutto il mondo che conta sarà qui. A partire dalla Spagna, detentrice del trofeo, alla ricerca del bis iridato dopo quello messo a segno in Europa. Ad insidiarla la Germania, sempre tra le grandi in ogni manifestazione ma questa volta, spinta anche dai risultati del Bayern nel Vecchio Continente, decisa a fare il colpaccio. Così come l’Argentina di Messi, che dopo i vari palloni d’oro conquistati cerca la consacrazione con una Coppa che lo renderebbe davvero un mito come lo è stato il suo idolo, Maradona, capace di trascinare l’Albiceleste al trionfo nel 1986. Ovvio che il Brasile partirà con i favori del pronostico insieme alle Furie Rosse, con Neymar pronto ad essere profeta in patria, ma a far temere è una formazione che, rispetto alle scorse edizioni, sembra essere più carente di elementi di livello. Outsider i maestri dell’Inghilterra, che con i Mondiali, escluso quello casalingo del ’66, hanno sempre avuto un rapporto tormentato. Con loro gli azzurri di Prandelli, che dopo il trionfo del 2006 hanno visto nell’edizione sudafricana una delle debacle peggiori della storia, ma anche la Francia, altra grande decaduta. Occhio però al nuovo che avanza, mix terribili di gioventù e talento come l’Olanda e il Belgio, mentre meno quotato il Portogallo, tutto sulle spalle di Cristiano Ronaldo, e l’Uruguay delle stelle Cavani e Suarez. E che dire della grinta africana di Costa D’Avorio e Camerun, ma anche della cenerentola Bosnia, che con Dzeko e Pjanic vorrà mostrare al Mondo di meritarsi un posto tra i grandi.
Ma sarà anche il Mondiale della tecnologia. Questa infatti sarà la prima Coppa del Mondo in cui la tecnologia sulla linea di porta verrà utilizzata dopo il successo ottenuto nel Mondiale per Club del 2012. Ma, visto il caldo previsto, spazio anche ai timeout, ossia due pause di tre o quattro minuti al 30′ minuto di ogni tempo delle partite che verranno disputate alle ore 13 per tutelare la salute dei giocatori. E, come visto già nel campionato brasiliano, per gli arbitri anche uno spray evanescente per far rispettare la distanza alle barriere in occasione dei calci di punizione.
Insomma una edizione quella brasiliana che si annuncia spettacolare sotto il profilo del gioco ma che potrebbe essere tra le più disastrose dal punto di vista economico. Dopo l’euforia per l’elezione nel 2007, ben presto infatti nel Paese la questione Coppa del Mondo si è trasformata in una protesta dura di larghi strati della popolazione carioca, alle prese con una crisi economica dura, come tutto il resto del mondo. L’esplosione eclatante proprio l’estate scorsa durante la Confederations Cup, con scontri di piazza duri che hanno turbato non solo i media internazionali ma soprattutto il Paese. Un tentativo di mostrare un Paese moderno e in crescita, come capita ormai troppo spesso in certe occasioni, ma che si scontra con una realtà fatta di sofferenza come quella delle favelas e di disoccupazione crescente. “Nel 2007 l’allora presidente della Federazione aveva detto che questo Mondiale sarebbe stato pagato interamente dai privati – disse qualche tempo fa Bernardo D’Itri, reporter della Folha de Sao Paulo – Invece oggi sappiamo che, al 98%, saranno spesi soldi pubblici”. Il 79% 5 anni fa era per il Mondiale, oggi forse meno del 60%, un dato che spiega perfettamente la situazione. Se poi a questo si aggiungono i ritardi per la costruzione degli impianti (alcuni ancora non terminati), le morti nei cantieri, i crolli di alcune strutture e i casi di corruzione, il quadro è completo. A descrivere bene la situazione Juca Kfouri, veterano del giornalismo sportivo carioca: “Questa del Brasile casa del calcio è una bugia: nel nostro campionato la media è appena di 15mila spettatori a partita, meno che nella serie B tedesca. E i biglietti per gli incontri del Mondiale, da 150 reals (47 euro, ndr) in su, non sono alla portata della maggioranza dei brasiliani. Il Brasile ha fatto il passo più lungo della gamba. E vivremo due Mondiali: uno sfavillante negli stadi, con la regia della Fifa; e un altro nelle nostre città, dove è impossibile prevedere il livello di tensione. Se sarà pari a quello della Confederations Cup, allora il disastro sarà totale”.
Roma, 12 maggio