Tempi di attesa fuorilegge per la sanità italiana con dati a dir poco sconcertanti per una mammografia, quindi un esame diagnostico, oppure una visita specialistica, dove nel Lazio i tempi di attesa possono essere fino ad un anno; e lo stesso dicasi per una tac al torace, un ecocolordoppler alle carotidi o ai vasi periferici o una colonscopia. Senza contare che, inoltre, per quanto riguarda i grandi ospedali, inclusi i policlinici non è possibile prendere appuntamenti: sugli esami diagnostici, inftti, le agende sono chiuse, in quanto pratica non consentita dall’attuale regolamento del sistema sanitario nazionale. Eppure, basta mettere mani al portafogli e, con gli stessi medici, in qualità di liberi professionisti bastano poche ore ed eccoci serviti.
Nello specifico, basterebbero massimo 30 giorni per una visita e 60 per un esame diagnostico; e addirittura solo 72 ore per le emergenze. Purtroppo al momento per una mammografia, si devono attendere fino a 355 giorni presso le Asl di Latina o al San Camillo, mentre “soli”, si fa per dire, 278 giorni a Frosinone e 171 a Rieti. Se si fa eccezione per l’Asl di RmC, dove in 18 giorni si esegue l’esame, il resto delle Asl e degli ospedali è al momento fuori legge, superando praticamente tutti i tempi obbligatori dettati dal decreto 437, firmato in autunno dal governatore Nicola Zingaretti nelle vesti di commissario di governo per la Sanità regionale, in ricezione del Piano nazionale 2010/2012, circa le liste di attesa. Un atto che prevede, inoltre, l’inserimento delle strutture private nella disponibilità del Recup, il centro regionale per prenotare le prestazioni.
Va meno peggio per le ecografie, ma non c’è Asl o ospedale che garantisca l’esecuzione in un mese. Si va da un minimo di 73 giorni (Asl RmA) a un massimo di un anno (Latina). I grandi ospedali, policlinici inclusi, hanno le agende chiuse. Una gastroscopia? Proibitiva con il Servizio sanitario. Senza soldi, in lista di attesa, passano fino a 191 giorni al San Camillo e 188 nelle Asl Rm A e B.
Il discorso non cambia per le visite specialistiche, dove nessuna Asl rispetta i 30 giorni di limite massimo per l’attesa imposto dal decreto. Avete bisogno diun consulto con l’endocrinologo? Dovete attendere allora almeno dai 32 giorni per la Asl RmF (Civitavecchia), ai 328 per il policlinico Tor Vergata. “Indisponibili”, le grandi aziende ospedaliere, dal San Camillo, al San Filippo Neri, al San Giovanni, passando per i policlinici Umberto I, Sant’Andrea, Tor Vergata per i motivi di cui sopra..
“Mancano coraggio, coerenza e celerità”, ha detto Mario Bertone, segretario della Cisl Lazio, “non si vuole ridurre o sospendere l’intramoenia nei reparti dove le attese superano i tempi prescritti; sono mancate le direttive alle Asl per rendere pubblica e trasparente la gestione delle agende dei ricoveri; la Regione è in forte ritardo anche nell’inclusione dei privati nel Recup”.
Attese dunque che si dilatano per i 2 milioni e 200 mila pazienti che ogni anno passano per i Pronti soccorsi (con oltre il 60 per cento in condizioni non gravi) e per il milione e 200 mila che hanno bisogno di un ricovero. E di posti letto, nemmeno a parlarne, con la degenza che spesso inizia e si conclude stando sdraiati nelle barelle nei corridoi dei pronto soccorsi. Barelle spesso sottratte alle ambulanze, che passano ben 220 mila ore l’anno in sosta per riottenerle per far fronte al miraggio dei letti di cui sono invece privi i reparti. “Mia nonna, 90 anni”, si sfoga Federica Travia, “è al suo terzo giorno in barella nel Pronto soccorso del San Camillo”.
Roma, 16 maggio