Causa impossibilità di una coppia nell’avere dei figli, due sessantenni romani comprano neonato per 300 euro, ma vengono scoperti. Dopo aver conosciuto una ragazza romena incinta, che non aveva intenzione di tenere il proprio nascituro, infatti, hanno deciso di aiutare economicamente la donna, offrendole dei soldi in cambio del bambino. Dopo la nascita, il bambino sarebbe stato dichiarato all’anagrafe come figlio della coppia.
Gli assistenti sociali hanno però scoperto la vicenda, denunciando ogni cosa in Procura, in seguito a una segnalazione arrivatagli da parte dei sanitari del reparto pediatrico dell’ ospedale San Camillo. Ora, la mamma naturale e l’uomo, A. R., che si è finto padre biologico del nascituro, rischiano di finire a processo, con l’accusa di avere formato un atto di nascita falso, alterando lo stato civile del neonato.
Il neonato, nato prematuro all’ospedale San Camillo nel febbraio dello scorso anno, era stato dimesso dopo due mesi. L’uomo aveva fin da subito detto ai medici che per lui sarebbe stato difficile portare il piccolo a fare i successivi controlli, perché perennemente impegnato con il lavoro. Ma di contro, anche la madre durante il ricovero era andata a trovare il bambino pochissime volte. Comportamenti anomali da parte dei presunti genitori, che hanno indotto i medici ad allertare il Servizio Sociale, che ha deciso di convocare il papà e la mamma del piccolo. A. R. che dice di essere il papà del neonato, si presenta all’incontro, ma non la giovane romena, mamma naturale del neonato. L’uomo racconta che il bimbo è nato da una relazione extraconiugale avuta con la trentacinquenne romena. Si sono conosciuti un anno prima: lei è sorella di un operaio che ha saltuariamente lavorato a casa del sessantenne. A.R. racconta di essersi preso le sue responsabilità dopo la nascita del piccolo: ha confessato ogni cosa alla moglie e ha riconosciuto il bambino all’anagrafe. Dice anche che la moglie lo ha perdonato e, insieme, hanno deciso di crescerlo. I servizi sociali, quindi, propongono di affidare il neonato ai coniugi romani che, negli anni passati, hanno anche presentato una richiesta di adozione non andata a buon fine. Ben presto, però, gli assistenti si accorgono che l’atto dell’anagrafe è falso: la relazione extraconiugale è un’invenzione.
In seguito all’accusa la mamma romena, viene interrogata e racconta di avere conosciuto A. R. quando era già incinta di 7 mesi. Il bimbo è figlio di un ragazzo che non ha voluto riconoscerne la paternità. E’ stato suo fratello a presentarle A. R.: sapeva che l’uomo desiderava un figlio, gli ha raccontato che sua sorella era incinta e che, visto la decisione del padre naturale, non voleva il bimbo, lo avrebbero dato a lui. “Quando il piccolo è nato, mi ha consegnato 300 euro, dicendomi di tornare in Romania e che mi avrebbe aiutato a preparare i documenti” ha detto la ragazza. Poi, hanno riconosciuto il bambino all’anagrafe. Ora, rischiano entrambi di finire a processo. Si tratta di una storia di disperazione, secondo l’avvocato Andrea Manasse, che difende la ragazza e che ha commentato: “La mia cliente ha rinunciato al figlio sperando di regalargli una vita migliore”.
Roma, 12 maggio