Brutte notizie per i familiari del piccolo Francesco, il bimbo di tre anni soffocato da un boccone all’interno del ristorante Ikea a Porte di Roma il 17 marzo scorso. Si va verso l’archiviazione dell’inchiesta. Si indagava per omicidio colposo, ma nessuno ha colpa – secondo la Procura – per quella morte dal momento che non esiste alcuna norma che imponga la presenza di posti di soccorso fissi nei centri commerciali. “Mio figlio è morto un’altra volta”, dice la mamma Alessia Vitti. “Non c’è giustizia per Francesco, ma lui doveva averla”.
Il piccolo Francesco passò venti minuti senza che nessuno potesse aiutarlo, qualche tentativo ha solo peggiorato la situazione. Poi la corsa in ambulanza all’ospedale Villa San Pietro e poi al Gemelli. Cinque giorni di agonia, la morte e l’espianto degli organi. “Se mio nipote fosse stato soccorso in tempo non sarebbe morto, se qualcuno fosse stato in grado di eseguire le manovre per liberarlo dal boccone che gli toglieva l’aria non sarebbe finita così. Se ci fosse stato un defibrillatore. E invece niente, quando è arrivata l’ambulanza era troppo tardi”, dice la zia del piccolo.
“Ma noi non ci fermiamo, continueremo a lottare per avere giustizia – continua la zia di Francesco a Il Messaggero – abbiamo presentato querela nei confronti di Ikea. In base alla legge 626 in ogni luogo di lavoro ci deve essere personale addestrato in grado di eseguire manovre di primo soccorso. Perché lì non c’erano?”.
Qualche giorno fa poi a Fonte Nuova, dove la famiglia del piccolo vive, in collaborazione con la Croce Rossa, il corso di primo soccorso e manovre di disostruzione: “È venuta anche la mamma di Giulio, il bambino di tre anni morto soffocato a Ikea esattamente come Francesco, per un pezzetto andato di traverso. Anche quell’inchiesta è stata archiviata”.
Roma, 21 giugno