E’ accaduto a Roma. Si fidava di lui, come ogni bambina di otto anni si fida del proprio papà. Non le piacevano quei giochi ai quali la costringeva, ma così piccola non riusciva ad opporsi, e neanche a chiedere aiuto. Neppure alla mamma, che mai avrebbe dovuto venire a sapere del gioco del “dottore”. Anzi, lei, la mamma per prima non ne doveva sapere nulla. «Perché un segreto è un segreto. Si deve restare muti», si raccomandava con la bimba il papà. Un padre pedofilo, informatico di professione, fedina penale pulita, che ora dovrà rimanere dodici anni in carcere. L’uomo, 43 anni, romano, l’altra mattina, ha incassato la condanna e perso la patria potestà. Per un pezzo non potrà uscire dal carcere Regina Coeli, dove è recluso e dove i giudici sperano capisca e si penta. Nonostante i benefici del rito abbreviato che prevede lo sconto di un terzo della pena, il pm di aula Francesco Scavo ne aveva chiesti otto di carcere per quel papà senza scrupoli; il gip Valerio Savio, gliene ha dati quattro in più.Per l’imputato, che ha scelto di presentarsi in aula, è stato praticamente impossibile non dichiararsi colpevole. «Sapevo che stavo facendo una cosa sbagliata – ha provato a giustificarsi – ma non riuscivo a fermarmi». Quello che la bambina non ha detto, lo hanno fatto, purtroppo, cinque video. Il papà pedofilo collezionava diversi filmati con le scene di sesso con la piccola. E nella sua videoteca segreta, nascosta in file criptati, aveva archiviato anche cinque filmini con la figlioletta.
A far venire fuori la storia, è stata un’inchiesta in tutto il territorio nazionale su una rete di pedofili, che si scambiavano video con incontri tra adulti e bambini. L’informatico romano in casa ne aveva 300, subito sequestrati. Dovevano essere visionati uno ad uno per accertarne l’origine, i video erano stati per lo più girati in Sud America oppure nei Paesi dell’Est. Ma poi gli investigatori hanno notato che in diversi video era presente lo stesso indagato con una bambina italiana molto piccola. Il fascicolo è stato inviato per competenza alla Procura di Roma e in particolare al pm Eugenio Albamonte, uno dei magistrati del pool anti-violenze. L’informatico romano che avrebbe compiuto gli abusi fino a un anno fa è stato così iscritto nel registro degli indagati per detenzione di materiale pedopornografico, e di produzione e violenza sessuale aggravata. Una bambina che ora ha 10 anni e che è assistita dalla madre e da psicologhe specializzate negli abusi su minori.
Roma, 1 giugno