Roma, 12 luglio 2014 – Dopo due anni passati dietro le sbarre, Fernando Capitani, disabile, è stato liberato quasi per caso. Un gruppo di agenti, nel corso di un controllo in un appartamento in via del Pigneto, lo hanno trovato rinchiuso in una piccola stanza senza finestre, bloccata da un cancello in ferro battuto. Fernando, 30 anni, era stato rinchiuso lì dentro, dai suoi parenti, e per 26 mesi è stato costretto a vivere peggio di un animale. Un’intera famiglia è finita sotto processo, con l’accusa di maltrattamento e sequestro di persona. Per l’esattezza sono stati rinviati a giudizio, su richiesta del pm Pantaleo Polifemo: la madre del ragazzo, Gabriella Capitani, il fratello Roberto e i due zii Giuseppe e Mirella.
La prigionia del ragazzo, con problemi psichici dall’età di 16 anni, finisce il 29 febbraio del 2012, quando gli agenti del commissariato di Porta Maggiore, si recano in un appartamento in via del Pigneto, per placare una lite in famiglia. A chiamarli era stata la signora Mirella, in quanto suo nipote Roberto aveva avuto un diverbio con la compagna. Arrivati sul posto, gli agenti hanno trovato una situazione terrificante: la casa era piena di immondizia, a terra sacchi di spazzatura e avanzi di cibo, un gatto cammina sul tavolo della cucina. Controllando l’abitazione, i poliziotti scoprono una piccola stanza buia serrata da un cancello. All’interno trovano un ragazzo accucciato sul pavimento. Gabriella spiega che è suo figlio Fernando: “Ha 30 anni, è malato, era diventato aggressivo, per questo motivo lo abbiamo rinchiuso”, si giustifica la donna. Il trentenne ha la barba lunga, piena di sporcizia. I capelli sono arruffati, i piedi sono nudi e sporchi. La pelle del corpo è pallida: il ragazzo non esce di casa da due anni. Interrogando i familiari, gli agenti scoprono che il ragazzo è affetto da gravi problemi psichici, e non viene visitato da un medico da più di due anni.