Un sms di poche parole ad annunciare la tragedia e quindi l’impossibilità di recarsi al lavoro: “Il mio bimbo è morto, non potrò venire a lavorare”. Parole che farebbero sciogliere il cuore del peggior datore di lavoro. Pronta quindi la risposta imbarazzata del capo : “Signora, non si preoccupi. Si prenda tutto il tempo necessario”. Purtroppo, però, la realtà quel giorno era ben diversa e non aveva per niente a che vedere con un evento terribile come la morte di un figlio. Il bambino, che alora aveva sette anni è, ed è ancora, vivo e vegeto. In realtà la scusa era stata improntata dalla donna per nascondere alcuni illeciti commessi ai dann della azienda che le pagava lo stipendio. La vicenda si è conclusa ieri con la condanna della donna a 8 mesi di reclusione e la pena accessoria di una multa di 400 euro per i reati di appropriazione indebita aggravata (dal rapporto di lavoro), truffa e recidiva semplice.
La vicenda ha inizio nel febbraio 2011, l’anno e il mese a cui risale l’ottenimento da parte della donna di un contratto a tempo indeterminato presso un’azienda che si occupa di sistemi di allarme e per la sicurezza. La donna è inserita all’interno della rete vendita e ha il compito di procacciare clienti. Dopo un breve periodo di formazione e affiancamento, arrivano per la truffatrice i primi contratti, che grazie alla sua collaborazione vengono firmati con regolarità. Ad un certo punto, però, qualcosa si rompe, siamo nel mese di maggio 2011 quando la donna deve recuperare 4500 euro da due clienti. “Ci penso domani — avrebbe riferito ai suoi responsabili —, non preoccupatevi”. Domani che però non è mai arrivato, in quanto quello è stato l’ultimo giorno in cui la donna si è presentata a lavoro. E il giorno successivo arriverà il messaggio incriminato: “Scusate, mio figlio è caduto ieri sera in piscina. Ha battuto la testa e ora è ricoverato in gravi condizioni a Bologna”, dice la 50 enne oroginaria di Ferrara. E, il giorno successivo ancora, un altro sms: “Mio figlio, purtroppo, non ce l’ha fatta. E’ morto durante la notte, ora dovrò pensare ai funerali”. Gli impresari della sua azienda le porgono costernati le loro condoglianze e ribadiscono alla dipendente di non preoccuparsi. Da qui, il terzo sms, della venditrice: “Abbiamo fatto il funerale. Non vedo l’ora di tornare al lavoro per lasciarmi questa tragedia alle spalle”.
La donna, però, non tornerà mai più a lavoro. In seguito sarà l’avvocato dell’azienda, Luca Morasutto, a provare a conttarla, quando dopo alcune verifiche qualcosa sembra non quadrare. Soprattutto, nessun giornale aveva parlato di un fatto tragico avvenuto in una piscina come quello raccontato dalla donna. A questo punto, parte una ricerca anagrafica: il figlio della signora non è deceduto. La storia è una bufala e il motivo per cui la donna l’ha raccontata sono probabilmente i 4500 euro che questa avrebbe dovuto recuperare come promesso prima di sparire. Non solo: falsificando la firma di una signora e utilizzando il suo codice fiscale, la donna era riuscita ad ottenere un sistema di videosorveglianza gratis. c’è di più. A questo punto è partita la denuncia, che ha portato al patteggiamento di cui sopra, con la sospensione della pena subordinata al risarcimento del danno all’azienda, cioè circa sei mila euro.
“Ciò che stupisce — ha detto l’avvocato Morasutto — è la freddezza e il cinismo usati in quel messaggio nei confronti del figlio”.
Roma, 1 luglio