Roma, 8 agosto 2014 – Una lettera aperta con la richiesta di spostare la scadenza in autunno inoltrato la liberazione del Teatro Valle. Una richiesta condivisa da molti per permettere un maggior spazio di trattativa fra occupanti e Comune di Roma. Un tentativo perché si raggiunga una soluzione condivisibile da entrambi le parti. A soli due giorni dall’ultimatum fissato per il 10 agosto, l’appello viene lanciato proprio dall’ex ministro della Cultura Massimo Bray, il primo a firmare una lettera di intenti. Una proposta a cui hanno aderito altri politici e intellettuali: da Civati a Salvatore Settis, da Tomaso Montanari alla deputata di Sel Celeste Costantino, nella lettera – firmata anche da Paolo Maddalena, Maria Rosaria Marrella, Ugo Mattei, Christian Raimo – si sottolinea che “la sorte del Teatro Valle è arrivata ad un punto cruciale”
Gli ultimi due incontri – In relazione agli ultimi incontri gli stessi firmatari hanno sottolineato che “si è anzi cominciata ad intravedere la possibilità che anche una volta entrato nel Teatro di Roma il Valle conservi una sua marcata autonomia culturale e gestionale pur nel rispetto della normativa vigente. Crediamo che questa sia una via promettente – prosegue la lettera – una via che delinea una soluzione la cui importanza politica trascende perfino la sorte del Valle stesso. Negli ultimi decenni anche in campo culturale le pubbliche amministrazioni si sono impegnate a creare nel loro seno società e agenzie che permettessero di agire secondo procedure e, non di rado, anche con finalità di tipo privatistico. Qua si tratta di avviare un processo perfettamente speculare: e cioè studiare il modo in cui sia possibile che le istituzioni pubbliche ospitino al loro interno un modo diverso per essere pubblico. Un modo radicalmente costituzionale di essere pubblico. Se il Comune di Roma, continua l’appello, «riuscirà a dimostrare che è possibile un altro modo di fare teatro pubblico e che questo modo può stare dentro il sistema pubblico attuale, questo successo rappresenterà una tappa storica nell’esperienza del governo di sinistra. Un primo, chiarissimo segno della capacità e della forza di invertire la rotta». Da qui la richiesta di procrastinare la data dello sgombero: «Se vi scriviamo è perché ci sembra che questo risultato sia troppo importante e troppo a portata di mano, per vanificarlo con scadenze che non sono dettate da nessuna reale esigenza. Siamo convinti che sia importante che la trattativa sia conclusa prima che il Teatro debba essere (seppur temporaneamente) abbandonato: se questa scadenza sarà spostata all’autunno inoltrato e se la trattativa riprenderà ai primi di settembre – conclude la lettera – si potrà arrivare in tempi ragionevolmente brevi ad un risultato prezioso per l’amministrazione comunale, per la fondazione Teatro Valle Bene Comune e per tutti coloro che nel paese guardano con ansia e fiducia a questo passaggio cruciale“.