Roma, 16 settembre 2014 – Da nord a sud, davanti a Montecitorio è giunta questa mattina una consistente rappresentanza di sindaci italiani capeggiati da Asmel, l’organizzazione degli Enti Locali e Anpci, l’Associazione nazionale dei Piccoli Comuni Italiani Locali, in rappresentanza di oltre 1800 comuni italiani. Un appuntamento, quello di stamattina, per protestare contro l’accorpamento coatto piccoli comuni in base al provvedimento varato nel 2010 dall’ultimo governo Berlusconi ma che fino ad ora non ha mai visto attuazione.
Proroga scade il 30 settembre -“L’ultima proroga”, riporta una nota, è arrivata dall’attuale governo Renzi, fissando al 30 Settembre il termine per l’entrata in vigore dell’obbligo di accorpamento per tutti i comuni con meno di 5 mila abitanti. La proroga, inoltre, stabilisce anche, in base alla legge Delrio che “la popolazione complessiva minima dell’insieme dei Comuni che si associano, debba essere di almeno 10.000 abitanti.
Anci a favore – “Dell’accorpamento coatto” – riferisce la nota – “si è sempre mossa l’Anci. Il suo Presidente, Piero Fassino, in questi giorni si è spinto a dichiarare: ‘partirà all’inizio del prossimo anno, a livello nazionale, una campagna per creare unioni o fusioni di Comuni italiani e per le prossime elezioni nazionali del 2019 sarebbe giusto scendere dagli oltre 8.000 Comuni italiani ad almeno 2.500 azzerando i Comuni con meno di 15.000 abitanti. Un limite demografico molto più alto di quello individuato dalla norma attualmente in vigore che fissa l’obbligo dell’accorpamento al di sotto dei 5 mila’. A titolo esemplificativo, Fassino ha parlato della città metropolitana di Torino che in un primo momento conterà 315 Comuni: “Nella speranza che presto si arrivi a 80. Gestire 80 Comuni – ha osservato – è ben altra cosa che gestirne 315”.
La risposta di Asmel – “Evidentemente Fassino – spiega Francesco Pinto, presidente di Asmel – si propone di scavalcare a sinistra Governo e Parlamento, chissà magari per lanciare la propria campagna di avvicinamento al Quirinale. Ma ciò che lascia esterrefatti è il linguaggio. Sostiene che è meglio gestire 80 Comuni piuttosto che 315, come se si riferisse a semplici uffici o sedi periferiche del capoluogo. Non si sentiva parlare di campagne di questo genere da qualche decennio e qualcuno dovrebbe pur spiegare a Piero Franco Rodolfo Fassino che l’impero sovietico è crollato da 25 anni anche a causa del fallimento di questo tipo di campagne. E che anzi la campagna da lui proposta causerebbe un danno enorme alle casse dello Stato, esattamente di 5 miliardi di euro.
Spesa pro-capite maggiore – Inoltre, “la spesa pro-capite nei comuni con più di 15 mila abitanti ammonta a oltre 200 euro in più degli altri: “Nei piccoli Comuni – spiega Pinto – funziona da calmiere il «controllo sociale sulle spese, tanto più efficace quanto minore è la dimensione demografica ed inoltre i piccoli Municipi si avvalgono di amministratori locali attivissimi e ed a costo vicino allo zero ed è evidente allora che più cresce la dimensione demografica più si attenua il controllo sociale delle spese e si accrescono le rigidità delle procedure e degli istituti contrattuali. Anche da Asmel c’è la massima disponibilità a trovare soluzioni concrete per l’operatività della legge del 2010 sull’associazionismo dei piccoli comuni sotto i 5 mila abitanti così come modificata dalla legge Delrio. “Le gestioni associate dei piccoli comuni – spiega Pinto – non decollano perché la legge che vorrebbe imporle è scritta e concepita male. I piccoli comuni hanno tutto l’interesse a mettersi in rete per accorpare i servizi ma non le funzioni, come pretenderebbe la norma che vorrebbe espropriare gli Amministratori delle responsabilità per cui essi vengono eletti”. Secondo Pinto, infatti, “sarebbero sufficienti poche modifiche alla normativa, magari scritte con il contributo degli addetti ai lavori, per superare lo stallo attuale generato proprio da quanti come Fassino propugnano come «soluzione finale, l’azzeramento totale dei comuni”.