“Gentile On. Luigi Di Maio, Le scriviamo per chiederle il suo sostegno a una causa che vede ancora una volta il merito mortificato”. Inizia così la lettera scritta a Luigi Di Maio, Movimento 5 Stelle, da 50 funzionari di comunicazione. Arrabbiati per il trattamento riservato loro dall’amministrazione di Roma Capitale. “Siamo giovani specializzati in comunicazione, vincitori e idonei di un concorso pubblico per il profilo di comunicatore, che vedono attualmente calpestato il loro diritto all’assunzione. La nostra colpa? Aver creduto che lo studio e l’impegno sarebbero stati premiati. La nostra storia parte nel lontano 2010, quando l’amministrazione di Roma Capitale bandì 22 concorsi, tra cui quello per il nostro profilo: Funzionario processi comunicativi e informativi. A quel bando risposero oltre 12 mila candidati. Più di 3 mila parteciparono alla prova preselettiva e i migliori 500 alla prima e seconda prova scritta. Meno di 300 gli ammessi all’orale. La procedura non si è svolta, però, nei sei mesi canonici previsti dalla legge. Ci sono voluti ben quattro anni. Solo a marzo 2014 è stata pubblicata la graduatoria definitiva (riformulata successivamente in autotutela a metà ottobre), ma da allora nessuno dei 50 funzionari processi comunicativi e informativi, vincitori di quel concorso, ha ancora varcato la soglia degli uffici di Roma Capitale. E in fila, dietro di loro, ci sono ben 177 idonei“.
E continua: “Nella bozza di piano assunzionale, presentata dal vicesindaco Luigi Nieri il 2 ottobre scorso ai sindacati, non sono state neanche specificate le unità che saranno assunte nei prossimi tre anni, a fronte di una carenza di organico di 65 comunicatori. Forse proprio nel 2014 si arriverà a dieci, su un totale di 241 unità da dividere tra una ventina di profili. Un numero, questo, che lascia oltremodo perplessi anche le parti sindacali, e che solleva ragionevoli dubbi sulla corretta applicazione del turnover da parte di Roma Capitale e sull’esatto numero di cessazioni che hanno interessato gli uffici dell’amministrazione capitolina. Una situazione frustrante e umiliante per i vincitori di un concorso pubblico, che dopo aver atteso quattro anni si trovano a dover aspettare ancora, non vedendo riconosciuto un loro diritto. Un numero così basso di assunzioni, infatti, non riuscirebbe ad assorbire i 50 vincitori neanche nei prossimi tre anni, lasciando in una situazione ancora più incerta i 177 idonei. Nonostante Roma Capitale si trovi ad affrontare quotidianamente eventi e situazioni di emergenza che necessiterebbero di un ufficio comunicazione a pieno organico. Non a caso, l’amministrazione Capitolina ricorre puntualmente a incarichi esterni per le proprie attività di comunicazione, con grande dispendio di risorse economiche per le casse del Campidoglio, e zero risultati sul fronte dell’efficacia. Insomma, è proprio il caso di dire: Roma Capitale “scomunica” i comunicatori. E dire che non sarebbe solo un’opportunità per tanti giovani professionisti della comunicazione ma anche per la capitale d’Italia: l’occasione per dare attuazione, a quasi tre lustri dalla sua approvazione, a una delle leggi meno applicate in Italia, la 150 del 2000, assumendo finalmente tanti giovani professionisti, vincitori di un regolare concorso pubblico, in un settore strategico e importante per una Pubblica Amministrazione come la comunicazione. Questa legge specifica che negli Urp e negli uffici dedicati alla comunicazione, obbligatori in ogni pubblica amministrazione, possono essere assunti laureati in Scienze della Comunicazione (o in corsi equipollenti), mentre per lavorare negli Uffici stampa è necessaria l’iscrizione all’OdG“.
E accusano: “Se la Pubblica Amministrazione italiana oggi è in crisi, è anche e soprattutto a causa della “cattiva comunicazione”. C’è un grande bisogno di superare i burocratismi e le ritrosie al cambiamento, i condizionamenti derivanti da procedure ripetute stancamente e senza spirito critico. L’e-government, l’accessibilità, la semplificazione, il passaggio dalla vecchia Pubblica Amministrazione formale, unilaterale, autoreferenziale e spesso autoritaria ad una Pubblica Amministrazione moderna, paritaria e partecipata, passa soprattutto attraverso una figura peculiare come la nostra: indispensabile spinta catalizzatrice dei processi d’innovazione. La nostra graduatoria è l’unica al momento regolarmente vigente in tutta Italia per il profilo di funzionario della comunicazione: 227 comunicatori che potrebbero trovare il giusto spazio anche all’interno di altre amministrazioni, favorendo, in base alla legge D’Alìa, la cessione della graduatoria tramite convenzione con altri enti. Una possibilità, sancita da diverse pronunce giurisprudenziali, come la sentenza 864/2011 del TAR Veneto, che tra l’altro afferma che la condivisione della graduatoria può avvenire anche tra enti appartenenti a comparti diversi“.
I 50 funzionari di comunicazione concludono così la lettera a Luigi Di Maio: “Veniamo da tutta Italia, forse soprattutto dal Sud, qualcuno anche dai paesi vesuviani, di cui Lei è originario. Siamo quell’Italia di cui tanto si parla, quell’Italia che ancora vuole credere nella meritocrazia. Invece, oltre a essere ancora senza lavoro, abbiamo investito – e forse sprecato – altro denaro, tra tasse di concorso, viaggi a Roma, lezioni private, consulenze legali e spese per libri di testo che, nel Governo della scorsa legislatura, subivano un aggiornamento a trimestre. Noi, caro Onorevole Cittadino, Le chiediamo di perorare la nostra causa nelle sedi parlamentari e di fare tutto quanto è in suo potere affinché venga garantito il nostro diritto sacrosanto all’assunzione: ce lo siamo guadagnati studiando e superando le diverse prove di concorso, su un programma che includeva materie e testi di legge, oggetto di continue modifiche legislative. Noi siamo pronti a lavorare per Roma Capitale assicurando impegno, dedizione e professionalità. L’amministrazione capitolina ha un dovere giuridico e morale nei nostri confronti e deve impegnarsi a rispettare i patti e dar luogo alle nostre assunzioni. Il Campidoglio non può pensare di ridurre gli sprechi, così come previsto e imposto anche dal Piano di Rientro, facendo cassa sulla pelle dei vincitori di concorso. Ci sono tante e diverse voci di spesa su cui potrebbe intervenire. Senza contare che, così facendo, Roma Capitale si espone al rischio di dover pagare anche il prezzo di questi ritardi, e ritrovarsi sommersa da richieste di risarcimento”.
27 ottobre 2014