L’unica risorsa disponibile in abbondanza in Unione Sovietica per trasmettere la musica erano le lastre ai raggi x. Ecco la storia di come iniziò questa fortunata conservazione dei dischi a raggi x, chiamati anche le “costole” del rock.
Le radiografie possono suonare, infatti fanno rock, e si trasformano in dischi. Se non ci fossero state le radiografie, poche persone in Unione Sovietica saprebbero di Louis Armstrong, Duke Ellington, Glenn Miller, Bill Haley o Elvis Presley. È iniziato tutto negli anni Cinquanta che videro schierati da una parte il partito e gli integrati, dall’altra gli apocalittici, gli stilyagi (da stil), gli stilosi. Questa parola è apparsa per la prima volta in un articolo satirico di un quotidiano dell’apparato, aveva un’accezione denigratoria e si rivolgeva a quei ragazzi che in origine ascoltavano di nascosto per lo più vecchi dischi di jazz Usa eletti a inno controculturale Chattanooga Choo Choo di Glenn Miller.
Si era instaurata una sorta di subcultura prettamente maschile, in quanto le poche ragazze avevano capelli corti stile taglio ungherese, dislocata in grandi città come Mosca, Leningrado e aree urbane come Tallin, Riga e Lvov. Il passato recente di queste città era occidentale. Racconta Troitsky: “La guerra fredda e la Cortina di ferro limitavano in modo forzato e crudele lo scambio di esperienze culturali. Tuttavia la Cortina cadeva di tanto in tanto; appena dopo la seconda guerra mondiale il paese fu inondato da dischi americani e altro materiale riportato dai posti in cui si trovavano i soldati e gli ufficiali sovietici. I cinema proiettavano film con Glenn Miller e Count Basie (Sun Valley Serenade e Stormy Weather, tra gli altri). Si leggevano Hemingway e Dos Passos. Nello spazio di due anni un’intera generazione ebbe modo di assorbire questi ritmi e il loro stile. Poi arrivò il discorso di Churchill a Fulton (sulla Cortina di ferro, ndr), nel Missouri, e il ricatto atomico di Truman. La Cortina si richiuse”.
Gli stilyagi, infatti, sotto Stalin non se la passavano troppo bene, ma invece di intervenire con la violenza il partito si è affidato ai vari organi di comunicazione per predisporre una sistematica e perentoria denigrazione di massa. Inoltre i ritrovi, in sale da ballo o ristoranti in cui suonavano orchestrine vagamente jazz, venivano sottoposti a raid organizzati dal Komsomol e le cui armi principali consistevano per lo più in forbici affilate. Nessun problema, invece, per la “gioventù d’oro“, i figli dei membri del partito, che allo stesso modo degli stilyagi con comportamenti ben più eccessivi ma “tollerati” seguivano gli stessi stili sonori e balli. Chi entrava nelle grazie dei “giovani d’oro” aveva maggior accesso a dischi e libri.
Così fino alle distensioni dell’era Khrushchev, il cui processo di apertura culminò nell’estate 1957 con il Sesto festival internazionale della gioventù studentesca. In quell’occasione una vertigine di giovani stranieri invase Mosca, tra loro musicisti jazz, poeti beat, scrittori. “Perfino gli attivisti esteri”, ricorda Troisky, “erano vestiti alla moda e sapevano ballare il rock’n’roll!“. Anche per gli stilyagi l’ambiente si fa meno ostile. Affiorano due fazioni: gli shtatniki e i beatnicki. I primi indossavano abiti provenienti dall’estero, ascoltavano Gerry Mulligan e avevano i capelli corti e schiacciati proprio come il sassofonista Usa. I secondi indossavano jeans, maglioni, scarpe da ginnastica e ballavano il rock’n’roll.
Qui entrano in scena costole, teschi, vertebre e tibie. Infatti, nonostante alla fine degli anni ’50 la richiesta di dischi pop e jazz in Unione Sovietica era in massima crescita, c’era una grande scarsità di giradischi, registratori e soprattutto di materiale plastico su cui incidere musica. L’unica risorsa economica, abbondante e disponibile erano le lastre ai raggi X, per questo i dischi venivano chiamati anche le “costole” del rock. Per pochi copechi, moneta dell’Unione Sovietica, le persone ne compravano moltissime da ospedali e cliniche, oppure altri si facevano radiografare apposta, altri ancora le sottraevano a genitori, parenti, amici. Successivamente venivano affidate a mani esperte che le incidevano con strumenti ricavati da vecchi fonografi. Le lastre venivano arrotondate con le forbici e forate al centro con una sigaretta accesa. Polmoni e anche su cui venivano letteralmente ricopiati, bootlegati, orchestre jazz, Bill Haley, Pat Boone, Paul Anka, Elvis.
L’unico problema è che ,essendo copie, la qualità era pessima. La “musica delle ossa”, o le “costole” del rock, veniva venduta sottobanco e costava a disco tra il rublo e il rublo e mezzo. Quasi sempre erano incisioni solo su un lato, perché quelli incisi su entrambi costavano il doppio. Ovviamente il rischio per chi realizzava o distribuiva le costole del rock era molto alto, fino a cinque anni nei campi di lavoro. Sembra che in occasione del prossimo Record Store Day del 2015, il 18 aprile, alcuni pezzi verrano messi in vendita in negozi selezionati. Attendiamo.
15 ottobre 2015