“Io ho ricevuto Cucchi alle 13:30. Lo hanno accompagnato da noi i carabinieri dopo l’udienza di convalida. Durante il passaggio di consegne, si fanno le domande di prassi: come stai fisicamente, hai qualche problema, ecc. Cucchi rispose al mio collega di avere mal di testa e immediatamente io chiamai il dottor Ferri. Fu lui a notare che, oltre ai segni, aveva anche un livido sullo zigomo. Gli chiese come mai e Stefano rispose di essere caduto dalle scale. Si rifiutò di farsi visitare. Ferri gli somministrò una pillola per il mal di testa. Poi rientrò in cella. E dopo un’ora lo vennero a prendere i colleghi per portarlo a Regina Coeli“. Lo racconta nell’edizione odierna de Il Fatto Quotidiano Nicola Minichini, uno degli agenti della polizia penitenziaria assolti nel processo per la morte di Stefano Cucchi.
L’agente dice anche la sua sull’ipotesi che la Procura riapre le indagini sulla morte del giovane Stefano Cucchi: “Io me lo auguro e mi auguro che possano trovare qualcosa. Sarebbe ora di allargare gli orizzonti. Non so perché finora la Procura non ha avuto lo stesso accanimento nei confronti dei carabinieri, che lo hanno arrestato e avuto in consegna prima di noi. Io non ho visto il pestaggio, se c’è stato io non c’ero. Quello che so per certo è che da noi non è successo niente. Lo dicono le sentenze, non lo dico io. Per quanto mi riguarda, quei segni sotto gli occhi potevano anche essere il risultato dell’eccessiva magrezza“. E soprattutto chiede giustizia, “per la famiglia Cucchi e per la mia. Senza un colpevole – conclude Minichini – agli occhi dell’opinione pubblica sarò sempre quello del caso Cucchi“.
5 novembre 2014