Un incontro cordiale quello di ieri sera alla libreria Fandango Incontro nel centro di Roma con Michael Dobbs, l’autore della fortunata trilogia di House of Cards, che dopo il successo negli anni ’90 con la serie tv della britannica BBC ora spopola negli Usa (e nel mondo) con il rifacimento a stelle e strisce che vede uno straordinario Kevin Spacey nel ruolo principale di Frank Underwood. Tanti gli appassionati che hanno voluto incontrare il politico e scrittore inglese, che non si è risparmiato, dribblando però in qualche caso qualche domanda “scottante” sulla prossima terza serie.
Un successo quello del libro e del telefilm che assolutamente non era nei pensieri dell’autore: “Lavoravo per la Thatcher e un giorno ebbi una forte discussione con lei, tanto che pensai che la mia carriera politica fosse terminata. Mi presi un periodo di vacanza al mare e lessi un best seller dell’epoca, che mi fece davvero arrabbiare. La mia prima moglie disse allora di incanalare questa rabbia, litigai anche con lei e nacque il primo libro di House of Cards. Mi armai di penna e taccuino, oltre che di vino, e cominciai a scrivere. Alla fine della bottiglia trovai le lettere FU, che mi ispirarono il nome del protagonista. E’ stata una sorta di terapia per me scrivere questo libro, non mi aspettavo nulla, neanche di finirlo. E’ stata come una scalata e una volta salita la vetta la crescita è stata tutta mia“. Un boom letterario ancor più amplificato dalla serie tv inglese e ora da quella americana: “Mi chiamarono i produttori, che poi per convincermi mi fecero parlare subito con i protagonisti. Mi dissero che Kevin Spacey voleva parlare con me. E io dissi ‘Non c’è bisogno che ci pensi di più’ e accettati di lavorare al loro fianco. E devo dire che è stata l’esperienza più appagante della mia carriera“.
Un ritratto della politica molto spietato il suo, ma che non ha fatto rabbrividire o sdegnare i suoi “colleghi”: “Un paio mi hanno chiesto se avevo preso spunto da loro ma con enorme dispiacere ho dovuto negargli questo piacere – scherza Dobbs – Seguendo la storia, i grandi politici per essere tali non sono teneri o generosi ma ambiziosi, serve forza, tenacia e spietatezza per raggiungere risultati. E per questo non sono un grande politico“. A colpire in molti il fatto che nella serie americana (ora in onda anche su Sky) tutto si svolga quasi sempre all’interno dei palazzi della politica. E Dobbs spiega il perché, aprendo a grossi colpi di scena nell’ultima parte: “E’ una sorta di bolla, ed è il grande problema della politica di oggi, troppo distante dalla realtà e dai cittadini. Ma nella terza serie qualcosa cambierà“. Mentre sul lato oscuro dei politici confessa: “La vita del politico è fatta di grande ambizione e allo stesso tempo di enorme stress, quindi non sorprende che ci siano sbandate da parte loro, che siano droga o sesso, ma anche abusi e crimini. Tutto è dovuto a questa situazione talmente grande che nessuno può capire se non la vive in prima persona“.
Inevitabili le domande sulla politica italiana e sul premier Renzi, su cui Dobbs alterna serietà e qualche battuta: “Ho visto che ha comprato il mio libro e gli ho scritto ricordandogli che non è un manuale di istruzioni ma solo intrattenimento. Credo che abbia delle qualità, è molto vicino alle persone, per questo può colmare quel gap che c’è tra le Istituzioni e la gente. Insieme alla Gran Bretagna può davvero dare una scossa all’Europa e cambiare la politica comunitaria. Simile a Berlusconi? Di lui si sa poco della vita privata e molto di quello che fa in politica, al contrario di Berlusconi. Spero continui così, ma è ancora troppo presto per giudicarlo. Per House of Cards ho preso molta ispirazione da Shakespeare e in particolare dal Giulio Cesare. Beh, lascio a voi dire chi è tra Cesare, Bruto, Cassio e Marc’Antonio (scherza, ndr). A parte tutto cosa gli consiglierei? Il problema di tutti i leader europei è che è molto più importante essere rispettati piuttosto che amati. Si ha rispetto quando si ha efficacia, e si è efficaci se si ha chiaro l’orizzonte da raggiungere. Se hai un obiettivo chiaro e tenacia, si arriva lontano. Si perdono tante battaglie, ma se l’obiettivo è lì si può davvero fare buona politica. La Thatcher aveva degli stivaletti chiodati che indossava spesso. A Renzi consiglio di comprarne simili, lucidarli e cominciare a incamminarsi sulla strada giusta“.
Infine una battuta anche su Obama, sconfitto nelle elezioni di medio termine lì negli Usa, dove proprio spopola la serie. E Dobbs confessa: “Fu straordinaria la sua elezione, ricordo il suo discorso, il Yes We Can, la politica della possibilità. Ricrdo gente che piangeva, fu toccante. Era il primo presidente di colore, ma temo che abbia alzato troppo l’asticella delle aspettative e non è riuscito a fare ciò che voleva. Purtroppo temo che passerà alla storia più per quello che ha rappresentato che per ciò che realmente ha compiuto politicamente“.
19 novembre 2014