Uno o più rifugiati da destinare stabilmente nelle parrocchie e negli istituti religiosi maschili e femminili di Roma, così da accogliere l’invito di Papa Francesco al dialogo con gli enti locali ed alleggerire al tempo stesso la tensione che è andata via via crescendo in questi giorni dopo i fatti di Tor Sapienza. A dirlo è Daniela Tiburzi, Presidente della Commissione Elette di Roma. “L’idea è quella di offrire la possibilità a chi ha lasciato la propria terra di trovare una nuova dimensione lavorando e aprendo una nuova finestra di dialogo con la comunità locale. Tenuto conto che le parrocchie oggi accolgono nei loro oratori bambini e ragazzi bisognosi, non necessariamente credenti, queste famiglie avrebbero la possibilità di inserirsi nel tessuto sociale in un ambito tutt’altro che ghettizzato come è quello degli attuali centri di accoglienza. Lo stesso vale per gli istituti religiosi che oggi si avvalgono di personale ausiliario che si occupa della gestione cosiddetta “ordinaria”. Il Comune di Roma, da parte sua, potrebbe garantire un piccolo sussidio per aiutare la parrocchia nelle spese di vitto ed alloggio dei loro ospiti. In caso di obiezione di coscienza, per motivi religiosi, chi abita in parrocchia o in un istituto verrebbe destinato a servizi diversi rispetto a quelli che riguardano gli ambiti più squisitamente pastorali. Parte dei rifugiati della capitale tornerebbe a vivere in modo decoroso e ritroverebbe di certo una dimensione più consona alle sue esigenze di essere umano e non di reietto“.
19 novembre 2014