E’ tornata a Roma per curarsi Aya Bawadri ed ora è ricoverata presso l’ospedale San Camillo. Inizialmente respinta perché trovata in possesso di un passaporto falso, la 18 enne, proveniente da Beirut ora potrà combattere la sua malattia, grazie soprattutto alla solidarietà che, per una volta, ha avuto la meglio sulla burocrazia. Aya è affetta da un tumore osseo a una gamba. Siriana e poco appena maggiorenne, la giovane è arrivata ieri sera all’aeroporto di Fiumicino alle ore 21:16, sul volo Alitalia AZ 825.
Catena di solidarietà – Un mese fa ci aveva provato con un passaporto falso ed era stata respinta, quando pensava di essersi lasciata finalmente alle spalle un paese sconvolto dalla guerra, dalla fama, dalle torture e in generale dalla violenza. Ciò però non era bastato perché la burocrazia non le intimasse il rimpatrio a dispetto di un sarcoma osseo diagnosticato un anno fa e che le sta divorando la gamba.
In Siria non possono curarla – L’unica soluzione per Aya è rinunciare alla propria gamba malata. I medici non possono curarla, ma solo amputare. La ragazza non ha molto tempo e allora ecco l’idea di un passaporto falso per il viaggio della speranza in Italia. La prima tappa è il Libano, dove si sposa con Fady, 31 anni, anche lui siriano. Fady si è innamorato di lei vedendo il video delle nozze del cugino con la sorella di Aya. Vive in Svezia da due anni e qui ha ottenuto asilo politico, e si è innamorato subito di lei vedendo il film delle nozze del cugino con la sorella di Aya.
La tappa a Roma – Aya e Fady sono diretti in Svezia, ma la ragazza chiede a suo marito se è possibile visitare Roma. L’uomo l’accontenta e, preso un’aereo, fanno scalo nella Capitale. Ad Aya hanno raccontato che l’Italia è bellissima e i suoi abitanti simpatici. Fady farebbe qualsiasi cosa per sua moglie e quindi decide di accontentarla. In fondo ancora non hanno avuto il tempo di festeggiare il matrimonio e di organizzare la propria luna di miele.
Passaporto falso – Prendono il volo Beirut-Istanbul-Roma, per andare in Svezia ci sarà tempo, sono solo tre giorni. Atterrati a Fumicino, però, la sorpresa: il passaporto di Aya è falso. Il certificato di matrimonio, inoltre, è in arabo e nessuno crede che la ragazzina sia moglie del 31 enne. Nemmeno la documentazione medica – questa in inglese e in tedesco – dissuade la polizia di frontiera (in inglese e tedesco) mostrata da Fady si affanna a mostrare. “Se la rimandate indietro la uccidete!” grida. Nessuno vuole dargli ascolto.
Psicosi Isis – Già, forse in quel momento, i recenti accadimenti spingono i doganieri a pensare che in realtà Fady non sia chi dice di essere. Lo credono un trafficante di documenti e di persone e viene per questo arrestato e recluso nel carcere di Civitavecchia; Aya, invece, viene messa sul primo aereo direzione Turchia e poi rispedita da lì a Beirut. Nel frattempo, Fady viene rilasciato ma non può allontanarsi dall’Italia perché in attesa di processo. Del destino di Aya non sa nulla. Non ha nemmeno con sé un cellulare, non ha soldi. La speranza è che si trovi ancora a Fiumicino. fady parla molto bene l’inglese ma non conosce una parola di italiano e in direzione dell’aeroporto, percorre 6o chilometri a piedi nella speranza di ritrovare l’amore della sua vita.
Storia di amore e sofferenza – Così ha inizio una storia in un mix di amore e sofferenza, bagnata dal dolore. E’ solo grazie ad alcune persone che il farraginoso sistema burocratico cede; grazie ai volontari della Associazione “Scuola di Pace“, Nawel Soufi, una ragazza marocchina che a Catania assiste le famiglie siriane in fuga, diffonde la vera storia di Fady.
L’intervento del Sen. Luigi Manconi – Grazie all’interessamento del senatore Luigi Manconi e al suo interessamento costante sulla vicenda, questi si adopera per il ricongiungimento della coppia. In pochi giorni vengono raccolti i soldi necessari per le cure. Nel frattempo, il Ministero dell’Interno e degli Esteri concede a Aya un visto per poter rientrare in Italia e sottoporsi alle cure. Anche l’ambasciata italiana di Beirut fa la sua parte, naturalmente.
Il ritorno a Roma – La ragazza è tornata nella Capitale ieri sera e solo ieri sera ha potuto riabbracciare il marito Fady. Ha pianto e poi alla fine sorriso: “Pensavo di morire” – ha dichiarato – “ma ora posso ricominciare a sperare“. Fady ha così commentato: “Ho commesso un errore, ma l’ho fatto solo per lei, per poterla curare. Non dimenticheremo mai la meravigliosa solidarietà mostrata dagli Italiani“. Ricongiunta al marito, Aya non ha smesso di ridere da ieri sera. Di fronte una malattia terribile ma pure tanta voglia di vivere e di sconfiggerla. Aya ha voglia di vivere.
11 novembre 2014