Costi in deciso aumento per la produzione del latte e calo dunque della redditività delle imprese. A lanciare l’allarme è la Coldiretti Lazio, che oggi nel corso di un incontro alla Regione Lazio ha presentato i dati di un dossier sulla produzione, le importazioni e la trasparenza dei prodotti. , in cui vengono riportati i dati relativi alla produzione, alle importazioni, all’origine e alla trasparenza del prodotto. “Occorre – si legge nel dossier – sensibilizzare l’opinione pubblica sul grave problema che affligge il sistema allevatoriale laziale, che vede la redditività delle proprie imprese diminuire a causa di un aumento dei costi che a stento viene coperto da un prezzo alla stalla ormai sceso a livelli insostenibili. A ciò si aggiunge un’iniqua distribuzione del valore lungo la filiera (infatti del valore complessivo prodotto dal settore lattiero caseario poco più del 18% al lordo dei costi di produzione è rappresentato dalla quota agricola, il 38% dalla quota industriale, mentre il 43,5% è costituito dai margini di distribuzione che si formano tra il cancello dell’azienda agricola e l’acquisto da parte del consumatore), oltre a una mancanza di trasparenza che rischia di ingannare il consumatore che continua a pagare il latte fresco oltre 4 volte il prezzo corrisposto all’allevatore“.
“La produzione di latte vaccino nel Lazio, al 31 marzo 2014, è stata effettuata da 1.413 aziende e 54.048 vacche per una produzione commercializzata di 342.500 tonnellate fra consegne (97,2%) e vendite dirette (2,8%) con una produzione media commercializzata per azienda pari a 242,5 tonnellate – ricorda Coldiretti Lazio – Dal 1° gennaio al 30 settembre 2014, nel Lazio sono state consegnate 246 mila 674 tonnellate di latte con un aumento dell’1,73% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tra il 2011/12 e il 2012 e il 2013, il numero delle imprese in produzione è calato del 5,9% mentre la produzione commercializzata del 2,6%. Entrambi i dati risultano maggiori delle rispettive medie nazionali -3,7% (aziende in produzione) e -0,4% (produzione commercializzata). L’unico dato in cui il Lazio eccelle è nell’aumento di ben il 10,2% delle aziende con vendita diretta del proprio latte, in controtendenza nazionale (-2,1%). Ma il dato realmente interessante è che a questo numero di nuove imprese che commercializzano direttamente il proprio prodotto corrisponde un incremento delle quantità di venduto totale del 55,8%, quasi 7 volte l’incremento registrato a livello nazionale. Il Lazio rappresenta il 3,1% della produzione di latte commercializzata in Italia, collocandosi al quinto posto a livello nazionale dopo Lombardia ed Emilia Romagna, che da sole rappresentano il 57,8% della produzione nazionale, cui si aggiungono Veneto e Piemonte che insieme alle due precedenti rappresentano il 76,3% della produzione totale nazionale“.
Capitolo costi: nel 2014, il costo totale per 100 chili di latte, Iva compresa, è stato pari, in media, a 47,14 euro con un aumento dello 0,8% rispetto al 2013 e ben dell’8,5% negli ultimi 4 anni. I ricavi complessivi, sempre per 100 chili di prodotto, nel 2014, è stato, al netto dei premi Pac, di 47,31 euro, con una diminuzione, negli ultimi 4 anni, di ben il 6,7%. “L’aumento dei costi di produzione del latte negli ultimi anni – continua il dossier – è da attribuirsi in particolare al forte aumento delle spese energetiche (+12,3% soltanto nell’ultimo anno) a cui si aggiungono l’aumento dei costi dei foraggi e mangimi acquistati, di quelli prodotti, delle spese generali e fondiarie. Il dato medio va evidentemente letto considerando che a una consistenza allevatoriale modesta (fino a 40 vacche) si assiste a un aumento delle perdite per valori superiori ai 40 euro per 100 chili, al quale tuttavia non corrisponde un analogo incremento dei redditi per consistenze che superano i 150 animali dove si registrano ricavi mai superiori ai 10 euro per 100 chili“.
Ma il problema è anche un altro: “Nel solo Lazio, ogni anno, circa 12 mila tonnellate di latte sfuso acquistato da 10 fornitori esteri prevalentemente in Germania, Francia, Olanda e Slovenia. La mancanza di trasparenza non consente di sapere in quali stabilimenti laziali finisce questo latte e soprattutto in quali cartoni (prevalentemente Uht). Stime della Coldiretti sui pochi dati disponibili fanno pensare che 1 cartone su 4 di Uht contenga latte di dubbia provenienza“. Ma il rischio per il consumatore, secondo Coldiretti Lazio, “proviene soprattutto dalle importazioni di latte, latticini, formaggi e cagliate spesso anche congelate che finiscono in prodotti e derivati lattiero caseari di casa nostra“.
11 dicembre 2014