Tra gli indagati nell’inchiesta sugli appalti in Campidoglio compaiono i nomi di tre penalisti per i quali si ipotizza il reato di concorso esterno in associazione mafiosa e imputati di altre vicende come quella di riciclaggio dei due miliardi di euro che determinarono una truffa ai danni di due compagnie telefoniche e la condanna a 15 anni di reclusione per Gennaro Mokbel. Per quanto riguarda i penalisti, gli investigatori ritengono che difendendo l’ex amministratore delegato dell’ente Eur Riccardo Mancini nella vicenda delle presunte mazzette legate alla fornitura di filobus al Comune si siano resi responsabili di concorso esterno nell’associazione mafiosa. Secondo gli inquirenti, le intercettazioni telefoniche hanno messo in luce i rapporti dei tre professionisti con Carminati e altri membri che vengono indicati come “del tutto avulsi nel rapporto fiduciario difensore-cliente“.
A Gennaro Mokbel, condannato a 15 anni nel processo della truffa alle società telefoniche, viene invece contestato il tentativo di estorsione ai danni del commercialista Marco Iannilli, al quale avrebbe chiesto la restituzione di oltre 7 milioni di euro che gli aveva affidato per investirli nell’operazione Digint, “anche con minacce e violenze“. Richiesta che però abbandonò dopo un colloquio con Carminati.
Intanto a parlare della vicenda in una conferenza stampa è anche il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, che conferma: “Alcuni uomini vicini all’ex sindaco Alemanno sono componenti a pieno titolo dell’organizzazione mafiosa e protagonisti di episodi di corruzione. Con la nuova amministrazione il rapporto è cambiato ma Carminati e Buzzi erano tranquilli chiunque vincesse le elezioni“. E specifica: “A Roma non c’è un’unica organizzazione mafiosa a controllare la città. Ci sono diverse organizzazioni mafiose. Oggi abbiamo individuato quella che abbiamo chiamato Mafia Capitale, romana e originale, senza legami con altre organizzazioni meridionali, di cui però usa il metodo mafioso“. Mentre il vicepresidente della commissione antimafia Claudio Fava dice: “L’inchiesta della Procura romana è una conferma dei rapporti indicibili che hanno legato alla mafia una parte del mondo politico romano e ambienti neofascisti: tutti uniti nel considerare Roma e la sua amministrazione terreno di saccheggio politico, clientelare e criminale“.
2 dicembre 2014