Nelson Mandela è nato il 18 luglio 1918 a Mvezo nella famiglia reale dei Thembu. Rolihlahla, nome datogli dalla madre alla nascita, significa attaccabrighe nella lingua Xhosa, quella appartenente alla sua etnia.
Nelson è il nome che gli è stato affibbiato dal suo insegnante di inglese quando ha iniziato a frequentare il collegio coloniale britannico di Healdtown. Quando il Sudafrica ha iniziato a vivere un periodo difficile a causa della segregazione razziale lui frequentava l’Università e proprio in quegli anni è emersa tutta la sua indignazione di fronte alle ingiustizie. E la sua voglia di libertà è emersa anche quando a 23 anni è fuggito dalla sua tribù insieme al cugino pur di non andare contro i suoi principi: secondo la tradizione della tribù i matrimoni erano combinati e questi non rendevano liberi i due ragazzi che, per non andare contro la tribù e contro la propria famiglia, hanno deciso di trasferirsi a Johannesburg, dove Mandela ha lavorato come guardiano nelle Miniere della Corona, lavoro che l’ha portato a scoprire lo sfruttamento degli altri lavoratori.
Ecco allora che è entrata in gioco la politica nella vita di Mandela, che insieme a Walter Sisulu e Oliver Tambo e altri ha fondato, nel 1944, l’African National Congress (ANC), del quale è diventato presidente in pochi anni. Tutto per combattere i soprusi della propria gente, che viveva di continue ingiustizie a causa delle leggi in vigore.
Dopo aver completato gli studi universitari (ha studiato legge) ha avviato uno studio legale per i neri e si è dedicato sempre di più alla questione dell’apartheid, portando avanti delle battaglie basate sulla non violenza, sulla protesta, sulle manifestazioni e sulla disobbedienza alle leggi discriminatorie. Il primo arresto è arrivato nel 1952 e negli anni successivi ne sono arrivati altri. Nel 1958 ha sposato Winnie Madikizela, dalla quale si è separato nel 1992. All’arresto del 1956 ha fatto seguito il processo durato fino al 1961; un processo dimostratosi aggressivo, ma che ha visto tutti gli imputati, 150, assolti.
È stato nel 1960 che Mandela e i colleghi hanno appoggiato la lotta armata, una scelta presa dopo l’uccisione dei manifestanti disarmati a Sharpville e l’interdizione di vari gruppi anti-apartheid, tra cui l’ANC. Nel 1962 è stato nuovamente arrestato, accusato di alto tradimento e condannato a cinque anni di carcere, una pena ingiusta data la sua innocenza. Durante lo sconto della pena è stato anche accusato di sabotaggio al processo di Rivonia e una volta giudicato colpevole è stato costretto a scontare la pena più severa: l’ergastolo.
Ma nonostante la detenzione Mandela è diventato sempre di più il protagonista e il simbolo della lotta all’apartheid, tanto da diventare lo slogan della gente durante le manifestazioni: “Nelson Mandela Libero” è stato l’urlo principale delle campagne contro l’apartheid. E lui anche non ha smesso di lottare e nel 1980 ha fatto avere un manifesto all’ANC, che recitava: “Unitevi! Mobilitatevi! Lottate! Tra l’incudine delle azioni di massa e il martello della lotta armata dobbiamo annientare l’apartheid!”.
Nel 1984 gli è stata offerta la libertà condizionata in cambio della rinuncia alla lotta armata, ma lui ha rifiutato ed è rimasto in prigione fino al 1990, anno in cui è uscito grazie alle pressioni della comunità internazionale. A ordinare la sua liberazione è stato F. W. de Klerk, presidente Sudafricano che ha posto fine all’illegalità dell’ANC e che ha vinto il Premio Nobel per la pace proprio insieme a Mandela nel 1993.
Una volta uscito dal carcere ha deciso di seguire la strategia della riconciliazione ed è diventato presidente del Sudafrica (il primo nero), con de Klerk vicepresidente. Durante il suo mandato ha guidato il Paese dal sistema dell’apartheid alla democrazia e ha dato vita alla Commissione per la Verità e la Riconciliazione, un tribunale speciale. Tuttavia l’operato politico di Mandela è stato oggetto di critiche a causa di alcune mancanze, come quella riguardante il dilagare dell’HIV/AIDS nel Paese, tema che non è stato ignorato, ma che a causa dell’assenza di coordinamento e alla frammentazione del sistema sanitario avuto in eredità dall’apartheid hanno reso vani i tentativi del governo di Mandela. Dopo aver sposato Graca Machel (1998) ha deciso di lasciare la carica di presidente (1999) e ha continuato a sostenere le organizzazione per i diritti sociali, civili e umani. Varie sono state le onorificenze ricevute: dall’Bharat Ratna all’Order of St. John, dal Presidential Medal of Freedom all’Ordine del Canada fino al Freedom of the City di Johannesburg.
Il 28 marzo 2013 è stato ricoverato a causa di un’infezione polmonare, ma dopo pochi giorni è stato dimesso. Nel giro di due mesi è tornato in ospedale in condizioni preoccupanti e il 24 giugno le condizioni di Mandela sono ulteriormente peggiorate, tanto che la figlia maggiore ha parlato alla radio per confermare le condizioni di salute.
Il 5 dicembre 2013 è morto nella sua abitazione di Johannesburg e dare la notizia è stato il presidente del Sudafrica Zuma, che ha parlato in diretta televisiva. Il 10 dicembre c’è stata la commemorazione pubblica nello stadio della città e hanno partecipato leader mondiali e sudafricani. Alla sepoltura hanno assistito 450 persone (capi ed ex di Stato, amici, esponenti dell’ANC, sacerdoti e leader tribali). In seguito è stato sepolto nel cimitero di Qunu, cittadina in cui ha trascorso la sua infanzia.
5 dicembre 2014