La vicenda che riguarda la scalata Lazio è iniziata nell’ottobre del 2006 con l’arresto di quattro capi ultras (Fabrizio Piscitelli, conosciuto come Diabolik, Yuri Alviti, Fabrizio Toffolo e Paolo Arcivieri), tutti accusati di estorsione e aggiotaggio. Con loro erano coinvolti anche Guido Carlo Di Cosimo, Giuseppe Bellantonio, Fabrizio Di Marziantonio, Bruno Errico e Giorgio Chinaglia.
Secondo i pm i quattro capi ultras degli Irriducibili avrebbero portato avanti una campagna di pressione nei confronti di Lotito, che per loro avrebbe dovuto lasciare la Lazio in favore di un gruppo farmaceutico dell’Ungheria di cui Chinaglia era il portavoce. Questa campagna intimidatoria per la scalata Lazio ha fatto sì che Lotito, i suoi familiari e il suo entourage subissero delle minacce.
Oggi i giudici della sesta sezione penale di Roma hanno condannato i quattro capi ultras: Toffolo a tre anni e sei mesi, Piscitelli e Alviti a tre anni e due mesi, Arcivieri a due anni e due mesi. Le condanne nel caso “scalata Lazio” sono arrivate anche per Di Cosimo, quattro anni e due mesi, Bellantonio, due anni e due mesi, Di Maziantonio, un anno e sei mesi. Errico, invece, è stato assolto. Tutti sono stati accusati di tentativo di estorsione e per Di Cosimo è stato riconosciuto anche il reato di aggiottaggio (dovrà versare 60mila euro di risarcimento alla Consob).
Ma la sentenza della scalata Lazio non è stata accolta positivamente, anzi, imputati e familiari hanno gridato: “La giustizia è morta. Il Tribunale, la Procura e lo Stato sono corrotti“. L’avvocato difensore di Piscitelli ha detto: “Sentenza ridicola. I giudici hanno dato il minimo della pena, voglio proprio vedere come sapranno motivare l’inutilizzabilità delle telefonate che avrebbero messo in discussione l’impianto accusatorio. Nel processo di appello ne riparleremo“.
29 gennaio 2015