Oggi, 10 febbraio, Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo Giuliano – Dalmata, si tiene la celebrazione con il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nella Sala della Regina di Palazzo Montecitorio, alle ore 16.30. Ad inaugurare la cerimonia è il Presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Antonio Ballarin, in seguito la giornalista Lucia Bellaspiga, il Sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova e il Ministro dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca, Stefania Giannini espongono i rispettivi discorsi. La conclusione viene affidata al Presidente della Camera, Laura Boldrini. Durante la cerimonia, inoltre, le scuole vincitrici, che hanno partecipato al Concorso Nazionale, promosso dal Miur, “La Grande Guerra e le terre irredente dell’Adriatico orientale nella memoria degli italiani“, ricevono le relative premiazioni. La commemorazione ha termine con un’esposizione musicale di Aleksandar Valencic e Francesco Squarcia, che eseguono i tre brani seguenti: quello di Giuseppe Tartini Pirano D’Istria, “Didone abbandonata“, sonata in sol minore opera1 numero 10; uno di Astor Piazzolla, “Ave Maria” e infine quello di Vittorio Monti, “Csardas“. Il tutto accompagnato da pianoforte e viola. La celebrazione di tale giorno può essere seguito in diretta sia sulla webtv della Camera, sia in tv su Raidue a cura di Rai Parlamento. Il Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo Giuliano – Dalmata si riferisce a quel che storicamente è avvenuto ben 70 anni fa, nel 1945, volto a commemorare le oltre 10 mila vittime che sono state gettate vive nelle foibe, quelle cavità calcaree presso i confini orientali, oppure che sono state uccise in seguito a processi sommari da parte del regime comunista di Josip Broz Tito, Capo di Stato Jugoslavo, nonché lo stesso fondatore del Partito Comunista Jugoslavo del 1920 e membro del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, nonché della stessa polizia segreta sovietica, commettendo innumerevoli crudeltà. Questa data, insieme ad altre, rappresenta una delle pagine più buie e tristi della storia contemporanea, tuttavia trascurata e rimasta nel silenzio fino a non molto tempo fa, quando solo nel 2004, attraverso la delibera numero 94, è stata ufficialmente riconosciuta e denominata come “La Giornata della Memoria“. Così come si è sotterrato a lungo il ricordo delle numerosissime persone che sono state scaraventate nelle stesse foibe, per volere del Capo di Stato Tito e dei suoi convinti seguaci, che hanno tentato di nascondere un pezzo di storia all’Europa. Una strage compiuta in nome di una vera e propria pulizia etnica nei confronti di tutti gli italiani presenti in Dalmazia e in Istria, tra gli anni cupi che partono dal 1943 al 1947, anni nei quali è stato commesso un genocidio che conta oltre 10 mila vittime, senza aver preso in considerazione l’età, il sesso, la religione e l’ideologia di ogni individuo massacrato, perché l’importante era uccidere. La violenza inaudita è esplosa, dopo l’8 settembre del 1943, con la firma dell’armistizio. Le truppe tedesche lì presero il controllo di Pola, Fiume e Trieste, mentre l’altra parte del territorio della Venezia Giulia passò nelle mani dei partigiani slavi, che nel frattempo si vendicarono contro gli italiani e i fascisti, in quanto ritenuti ipotetici oppositori del regime comunista sovietico e ormai jugoslavo. Così il 13 settembre del 1943 venne proclamata per volere di una sola parte, nel Comune di Pisino, l’annessione alla Croazia dell’Istria. Intanto i partigiani dei Comitati di Liberazione improvvisarono dei veri e propri tribunali, destinati ad emanare oltre un centinaio di condanne a morte, attraverso la trascrizione di elenchi di persone condannate. Prima delle esecuzioni però, gli individui venivano arrestati e condotti nel Comune di Pisino, dove furono giustiziati insieme ad altra gente di etnia di origine croata. I corpi di persone vive venivano così, scaraventati uno dopo l’altro, all’interno delle foibe, queste profonde e buie cavità, oppure, nelle miniere di bauxite, miniere di tipo argilloso che provocano diversi sintomi come confusione mentale, vertigini, forti dolori intestinali e varie patologie della pelle, procurando una morte talvolta lenta ma implacabile. Secondo dei dati stimati, a tal riguardo, le morti avvenute tra i mesi di settembre ed ottobre del 1943, nella Venezia Giulia, contano tra le 400 e 600 vittime. Molte di queste solo perché non vollero aderire ai progetti e agli ideali dei partigiani jugoslavi e sovietici sono state crudelmente ammazzate, tra le quali si rammenta, una delle tante, Norma Cossetto, una giovane studentessa istriana, condotta all’ex caserma della Finanza di Parenzo e fatta oggetto di abusi di vario genere. Poi, nella notte tra il 4 e il 5 ottobre del ’43, con altri prigionieri, la giovane venne trascinata a piedi presso la Villa Surani, dove l’attendeva un tragico e rumoroso destino: fu gettata viva in una foiba. Sono stati rinvenuti, in seguito alla ritirata dei partigiani e dell’invasione nazista dell’area, oltre un centinaio di corpi delle foibe istriane. Da questo momento in poi, nella storia, il termine “foibe” sarà associato al concetto proprio di eccidio. Il massacro però non terminò in questa fase. Infatti, durante la primavera del 1945, quando le truppe dell’esercito comunista di Tito avanzarono ed occuparono Gorizia, Istria e Trieste, fu la volta delle vittime italiane. Stavolta i bersagli non furono soltanto i fascisti ma tutti coloro che potevano essere considerati una vera e propria minaccia per il nuovo regime comunista, qualsiasi personalità fu colpita, l’importante era essere un italiano, partigiani, membri del Comitato di Liberazione Nazionale, sostenitori della Comunità Italiana nella Venezia Giulia, qualsiasi vittima si dava per buona sotto l’attento sguardo di supervisione del Dittatore Tito. Sparizioni, arresti, condanne a morte nelle foibe e nei lager jugoslavi, quasi all’ordine del giorno. Le azioni violente cessarono soltanto in seguito alla sostituzione dell’amministrazione jugoslava con quella degli alleati: a Gorizia e a Trieste il 12 giugno 1945, mentre a Pola il 20 giugno dello stesso anno. Quindi, il principale obiettivo delle foibe era nascondere il massacro di oppositori politici ma soprattutto di cittadini italiani, ritenuti come poi confermò lo stesso Dittatore a De Gasperi, che aveva intanto ottenuto informazioni riguardo le vicende avvenute, veri e propri ostacoli per la crescita del regime comunista; lo stesso Tito tra l’altro mai pentito pretenderà di aver ragione nell’aver sterminato migliaia e migliaia di esseri umani. Riguardo queste pagine travagliate e cupe della storia, si è trovato un compromesso tra il 1880 e il 1956, sia da parte del governo italiano che sloveno, per trascrivere ciò che è stato e tramandarla ai posteri, attraverso una relazione della “Commissione storico-culturale italo-slovena“, pubblicata nel 2001, dove viene esposta una versione dei fatti comunemente accettata. La relazione si chiude con “tali avvenimenti si verificarono in un clima di resa dei conti per la violenza fascista e di guerra, e appaiono in larga misura il frutto di un progetto politico preordinato“. Infatti in questo progetto effettuato, si legge “confluivano diverse spinte: l’impegno a eliminare soggetti e strutture ricollegabili al fascismo, alla dominazione nazista, al collaborazionismo e allo Stato italiano e, inoltre, anche un disegno di epurazione preventiva di oppositori reali, potenziali o presunti tali, in funzione dell’avvento del regime comunista e dell’annessione della Venezia Giulia al nuovo Stato jugoslavo. L’impulso primo della repressione partì da un movimento rivoluzionario che si stava trasformando in regime, convertendo quindi in violenza di Stato l’animosità nazionale e ideologica diffusa nei quadri partigiani“. Ma alla domanda per quale motivo questo capitolo storico sia emerso soltanto troppi anni dopo, la risposta la offre lo storico Gianni Oliva, il quale sostiene che tale silenzio calato sia sul fronte italiano che internazionale, avrebbe varie motivazioni: dalla rottura relazionale tra Tito e Stalin nel 1948, che portò il blocco occidentale a instaurare rapporti più morbidi con la Jugoslavia, secondo progetti antisovietici, all’atteggiamento di indifferenza e irresponsabilità di un certo PCI, verso gli avvenimenti disastrosi e talvolta contraddittori. In memoria di questa pagina storica, riassunta in una data, l’ex Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nell’anno 2007, disse: “Va ricordato l’imperdonabile orrore contro l’umanità costituito dalle foibe e va ricordata la “congiura del silenzio”, la fase meno drammatica ma ancor più amara e demoralizzante dell’oblio. Anche di quella non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità dell’aver negato, o teso a ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell’averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali“.
di Erika Lo Magro
10 febbraio 2015