Totò è il nome d’arte dell’attore teatrale e cinematografico italiano Antonio De Curtis Gagliardi Ducas Comneno di Bisanzio, nato a Napoli il 15 febbraio 1898 da una relazione clandestina tra Anna Clemente e il marchese Giuseppe De Curtis, che non lo riconobbe inizialmente. Dopo le scuole elementari, la madre lo iscrisse nel collegio Cimino, ma ben presto lasciò gli studi e inseguì la sua passione, l’arte. Si arruolò volontario durante la Prima guerra mondiale. In seguito avrebbe dovuto fare l’ufficiale di marina, ma scappò di casa e continuò ad esibirsi. Venne notato da Eduardo D’Acierno, impresario che lo scritturò e ottenne il suo primo successo alla Sala Napoli.
Gli anni Venti videro riunirsi la famiglia di Totò: il padre lo riconobbe e sposò la madre. Insieme si trasferirono a Roma, città in cui il giovane fu scritturato dalla compagnia di Umberto Capece come elemento straordinario (lavoro occasionale e senza pagamento). La famiglia non approvò, ma lui continuò per la sua strada e si avvicinò alla commedia, guadagnando anche l’apprezzamento del pubblico. Privo di soldi, chiese qualche moneta al suo capo, ma quest’ultimo lo licenziò all’istante e gettò l’artista nello sconforto. Successivamente si presentò al Teatro Ambra Jovinelli, al tempo molto importante, e il colloquio con il titolare andò bene. Debuttò allora con tre macchiette e ancora una volta venne apprezzato, soprattutto da Jovinelli stesso, che gli fece prolungare il contratto.
Grazie a un barbiere fu scritturato dai proprietari del Teatro Sala Umberto I e lì si affermò definitivamente. Tra il 1923 e il 1927 si fece conoscere a livello nazionale nei maggiori teatri di varietà del tempo. Fu scritturato da Achille Maresca e, salvo due anni in cui lavorò nella compagnia dialettale del Teatro Nuovo Napoli, in questo campo svolse prevalentemente la sua attività teatrale, trovando in Michele Galdieri il suo autore preferito. In quegli anni iniziò anche la sua storia con Liliana Castagnola, che iniziò a corteggiare dopo averla vista tra gli spettatori di un suo spettacolo. Ma la loro storia fu tormentata e lui dopo tempo accettò di trasferirsi a Padova per entrare a far parte della compagnia della soubrette Cabiria. La Castagnola però si suicidò e Totò, che trovò il corpo, rimase sconvolto a causa del senso di responsabilità sentito.
Il primo provino cinematografico arrivò nel 1930, ma accantonò l’idea di entrare in quel mondo e divenne capocomico di una propria formazione. Si esibì in tournée e a Firenze conobbe la sedicenne Diana Rogliani, che sposò nel 1935 e dalla quale ebbe la figlia Liliana (in onore della Castagnola). Tanti i successi degli anni Trenta, che lo videro anche adottato dal marchese Francesco Maria Gagliardi Focas. Nel 1937 arrivò il debutto cinematografico e sul grande schermo rimase fino alla morte. Dopo un primo momento di adattamento all’umorismo intellettuale dell’epoca (Animali pazzi, 1939), essa esplose nel dopoguerra, soprattutto nelle farse intitolate al suo nome. Per le sue interpretazioni di attore fu premiato in Guardie e ladri (1961) di Steno e Monicelli e in Uccellaccio e uccellini (1966) di Pasolini. Altre conferme del processo di umanizzazione e approfondimento psicologico si trovano da Napoli milionaria a Dov’è la libertà?, da L’oro di Napoli a I soliti ignori, da La Mandragola a due episodi pasoliniani.
Pochi giorni prima di morire Totò considerato l’ultima grande maschera della commedia dell’arte, si rimproverò del fatto che avrebbe potuto fare molto di più nell’arco della sua carriera. Morì a 69 anni il 15 aprile 1967 a causa di un infarto. La tanta agonia provata precedentemente lo portò a pregare i familiari di lasciarlo morire. Tre i suoi funerali: uno a Roma, con personaggi dello spettacolo e ammiratori che giunsero nella Capitale per salutarlo; uno a Napoli, la sua città natale, e lì parteciparono circa 250mila persone; il terzo nel suo quartiere.
15 aprile 2015