E’ stata avanzata e istituita una task force per salvare il Parco del Serengeti, uno dei più grandi simboli del continente nero, che potrebbe svanire nel giro di pochi decenni. In virtù di questo si è esposta la Norwegian University of Science and Technology, ossia NTNU, la quale guiderà un progetto finanziato dall’Unione Europea. Promossa task force per salvare Parco del Serengeti dal valore di 10 milioni di euro, volto a individuare le minacce attuali e a fornire soluzioni per la tutela del sito.
Il Parco del Serengeti, in Tanzania, fa parte del patrimonio dell’Unesco e si estende per ben 14 mila chilometri quadrati nella savana africana fino a raggiungere i territori del Kenya, attraversando la Foresta di Mau. Proprio qui nasce il fiume Mara, principale fonte di sostentamento dell’intero ecosistema del Parco del Serengeti, nonché tra i più articolati al mondo e dimora abituale di una vasta biodiversità. Il nome di questo angolo di paradiso nella lingua Masai significa letteralmente pianure infinte. Tuttavia, attualmente il Parco del Serengeti sta affrontando un fenomeno di cambiamento, perlopiù innaturale, piuttosto rapido.
Secondo quanto rende noto Eivin Roskaft, il professore di Biologia della NTNU: “Le risorse naturali fornite dall’ecosistema si stanno deteriorando poco a poco, ciò che osserviamo è che le pressioni sull’ecosistema possono diventare tali da non essere più sostenibili. Nello scenario peggiore il Serengeti potrebbe scomparire completamente in pochi decenni“.
La prima causa principale, la quale sta danneggiando questa immensa area verde, è da ritrovarsi nel modo di vivere degli abitanti che vivono a stretto contatto con la natura. Infatti, sono totalmente dipendenti dalle fonti naturali. Proprio per questo i cambiamenti si possono notare ad occhio nudo, con estrema velocità e con semplicità nel poter documentare un fenomeno così rapido ed innaturale. Il Parco del Serengeti, secondo quanto sostengono gli scenziati, sta accusando delle vere e proprie pressioni. Queste sono suddivise in tre fattori: i cambiamenti climatici, ossia la stagione secca più lunga del normale e le piogge più forti; la crescita demografica, ossi dagli 8 milioni di abitanti in Tanzania dell’anno 1861 si è arrivati a raggiungere i 50 milioni di abitanti attuali; e in ultimo, le infrastrutture.
I ricercatori che si stanno occupando per la tutela e la salvaguardia del Parco del Serengeti sono all’incirca 100 e appartengono a istituti di ricerca di Kenya, Tanzania, Danimarca, Norvegia, Germania, Scozia e Olanda.