Il disastro di Seveso: erano le 12:37 del 10 luglio 1976 quando si verificò un incidente all’impianto di raffreddamento degli stabilimenti ICMESA, che produceva componenti chimici usati per diserbanti.
L’esplosione del reattore venne evitata dall’apertura delle valvole di sicurezza, ma a causa dell’alta temperatura raggiunta si verificò una modifica della reazione che causò la formazione di 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina (TCDD), la diossina, sostanza chimica altamente tossica, più pericolosa.
La diossina fuoriuscì dagli stabilimenti (si parla di circa 2 chilogrammi) e il vento la condusse verso i comuni di Meda, Seveso, Cesano Maderno e Desio, anche se il comune che subì più danni fu proprio quello di Seveso, situato poco distante dalla fabbrica. Nell’aria si espanse in poco tempo un odore acre, che causò infiammazione agli occhi della gente.
Non ci furono vittime, ma molti avvertirono forti disturbi alla pelle, tanto che 240 persone vennero colpite da cloracne e dermatosi, quest’ultima provocata dall’esposizione al cloro e ai suoi derivati, che crea lesioni e cisti sebacee. A subirne i danni furono anche i vegetali che si disseccarono e morirono in poco tempo. Anche gli animali vennero contaminati e per questo abbattuti.
Un caso storico in Italia, che fcee discutere perché la popolazione dei comuni interessati venne informata dopo otto giorni e perché il Governo autorizzò la pratica di aborti terapeutici per evitare complicazioni nei nascituri (all’epoca l’aborto era da considerarsi vietato per legge). A distanza di trent’anni si verificano ancora alterazioni ormonali sui neonati della zona. Due studi realizzati recentemente confermano l’incremento costante di forme tumorali e di disfunzioni alla tiroide, dovuto all’assimilazione proprio della diossina sprigionata dalla fabbrica.
Il disastro di Seveso, territorio maggiormente colpito, viene suddiviso in tre zone in base al livello decrescente di contaminazione: la zona A, la più colpita, in cui vengono demolite le abitazione, si rimuove il primo strato di terreno e viene impedito a chiunque l’accesso. La zona B, meno contaminata, e la zona R, zona di rispetto, vengono tenute sotto controllo e viene imposto il divieto di coltivazione e di allevamento.

La tragedia è ricordata anche nella triste classifica dei disastri ambientali più gravi causati dall’uomo e si trova appena sotto ai disastri di Bhopal e di Chernobyl. L’evento porta anche l’Europa a dotarsi della Direttiva Seveso, emanata per prevenire gli incidenti industriali.