A scrivere Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino è stato Carlo Collodi, pseudonimo di Carlo Lorenzini. Inizialmente il romanzo, considerato il capolavoro dell’autore, è stato pubblicato su un periodico settimanale pubblicato come supplemento del quotidiano Il Fanfulla. Oltre al primo episodio sono state pubblicate sul periodico anche altri sette numeri e proprio l’ultimo, pubblicato il 27 ottobre, doveva essere la conclusione del racconto. A convincere l’autore a continuare la storia di Pinocchio sono state le lamentele dei lettori, ansiosi di avere un seguito da leggere. La prima edizione è stata pubblicata dalla Libreria Editrice Felice Paggi nel 1883 con le illustrazioni di Enrico Mazzanti.
Collodi solo allora si è convinto di proseguire, ma per leggere il finale è stato necessario aspettare due anni. Secondo due ricerche, una degli anni Sessanta e una recente avviata dalla Fondazione Nazionale Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio risulta il libro più tradotto e venduto della storia della letteratura italiana: secondo la prima ricerca è stata tradotta in 220 lingue, mentre per la seconda, basata sulle fonti messe a disposizione dall’UNESCO, si arriva a 240 traduzioni.
Negli molti hanno cercato di risalire al perché della scelta del nome Pinocchio: c’è chi ha ipotizzato che Collodi abbia preso spunto dal paese di San Miniato Basso, conosciuto dall’’autore, all’epoca denominato come Pinocchio; chi pensa che abbia fatto riferimento alla Fonte di Pinocchio situata a Colle di Val d’Elsa e c’è chi prende come riferimento le parole di Geppetto:
“Lo voglio chiamar Pinocchio. Questo nome gli porterà fortuna. Ho conosciuto una famiglia intera di Pinocchi: Pinocchio il padre, Pinocchia la madre e Pinocchi i ragazzi, e tutti se la passavano bene. Il più ricco di loro chiedeva l’elemosina”.
Pinocchio è una marionetta, anche se erroneamente nel libro si parla di lui come di un burattino. Nonostante la sua natura, nella storia si trasforma più volte: prima diventa un asino e finisce in una compagnia di pagliacci, poi alla fine del romanzo diventa un ragazzo grazie alla Fata. Quello che più si conosce del protagonista è il naso, che si allunga quando dice bugie. Successivamente il naso lungo è entrato a far parte dell’immaginario collettivo, tanto che anche oggi viene attribuito a chi dice le bugie. Anche alcuni personaggi oggi vengono citati nel linguaggio comune perché considerati dei modelli tipici: si dice “grillo parlante” per indicare chi dà consigli saggi, ma non viene ascoltato, con l’espressione “il gatto e la volpe” si indica una coppia di amici considerata poco affidabile e dicendo “mangiafuoco” si fa riferimento a una persona burbera. Pinocchio è un personaggio buono, ma facendosi trascinare da compagnie poco raccomandabili e mentendo, si trova spesso nei guai, anche se alla fine se la cava sempre. Nel libro si fa riferimento anche al suo vestiario: un vestituccio di carta fiorita, scarpe di scorza d’albero e un cappellino di midolla di pane; per questo viene rappresentato con una casacca colorata, pantaloni fino al ginocchio e cappello a punta.
Anche se il libro ha avuto un enorme successo popolare, inizialmente non è stato accolto nel migliore dei modi né dalla critica né dalle istituzioni, che hanno addirittura cercato un pretesto per sequestrarlo. Negli anni a seguire ci sono state diverse trasposizioni di Pinocchio: sono innumerevoli le versioni a fumetti, ma non mancano trasposizioni teatrali, serie animate e televisive, videoclip, lungometraggi, musical, balletti, opere saggistiche, luoghi e monumenti dedicati al personaggio, album e singoli e opere cinematografiche. Tra le ultime le più famose sono quelle della Walt Disney, che ha prodotto la versione in cartoni animati nel 1940; la trasposizione televisiva di Luigi Comencini, che è stata trasmessa dalla RAI nel 1971 e ha ottenuto molto successo e infine quella del 2002 diretta da Roberto Benigni, che ha interpretato Pinocchio, ma non ha riscosso successo al botteghino ed è stata accolta negativamente anche dalla critica.