Si celebra oggi in tutto il mondo la giornata internazionale dei popoli indigeni. Lo scopo è difendere 370 milioni di persone che rappresentano la meraviglia antropologica del pianeta
“Dobbiamo impegnarci tutti per migliorare la salute e il benessere dei popoli indigeni”. Così il segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon in occasione della Giornata Internazionale dei Popoli Indigeni, che si celebra oggi 9 agosto in tutto il mondo.
LA GIORNATA. Istituita nel 1994, la Giornata intende promuovere i diritti delle comunità native del pianeta, troppo spesso emarginate e sconosciute, vittime di discriminazioni e violate nei loro diritti fondamentali. Il tema scelto per l’edizione del 2015 è “Garantire la salute e il benessere dei popoli indigeni per il post Agenda 2015” e vuole portare all’attenzione il problema dell’accesso dei popoli indigeni ai servizi di assistenza sanitaria. Il miglioramento delle condizioni di salute dei popoli indigeni risulta essere tuttora tra le più grandi sfide per i popoli indigeni stessi, gli stati e le Nazioni Unite. Dati e informazioni generali su questa problematica sono raccolti nel secondo volume del rapporto “The State of the World’s Indigenous Peoples”, che sarà lanciato presso la sede delle Nazioni Unite a New York nel corso delle celebrazioni di questa Giornata internazionale.
I NUMERI. Le comunità indigene nel mondo sono più di 5mila, per un totale di 370 milioni di persone. Queste popolazioni lottano per resistere. Resistere all’appiattimento culturale che le annienterebbe. Lottano per difendere la loro diversità, per salvaguardare la loro terra dallo sfruttamento, per chiedere il rispetto dei loro diritti elementari, il che le rende spesso vittime di soprusi e violenze.
“Gli interessi dei popoli indigeni devono essere parte della nuova agenda per lo sviluppo. Insieme, riconosciamo e celebriamo la preziosa e distintiva identità dei popoli indigeni nel mondo. Lavoriamo ancora più intensamente per dare loro forza e sostenere le loro aspirazioni”, ha dichiarato il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon.
La comunità internazionale ha infatti riconosciuto la necessità di proteggere i diritti di queste popolazioni, adottando già nel 2006 la Dichiarazione sui Diritti dei Popoli Indigeni. Si tratta di uno documento che, seppur non vincolante dal punto di vista legale, sancisce dei parametri importanti nelle relazioni con i popoli indigeni e si delinea come uno strumento fondamentale per l’eliminazione delle violazioni dei diritti umani.
IL RAPPORTO DELL’APM. Nonostante questi passi in avanti da parte della comunità internazionale, molte sono ancora le problematiche che allontanano il raggiungimento degli obiettivi dichiarati sulla carta. In occasione di questa Giornata, infatti, l’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) pubblica un nuovo rapporto sulla situazione degli attivisti indigeni. Per gli attivisti indigeni di tutto il mondo chiedere il rispetto dei propri diritti o protestare per la salvaguardia delle proprie terre significa rischiare la vita. In molti paesi del mondo, alzare la voce a favore delle popolazioni indigene comporta la concreta probabilità di diventare vittima di assassinii di stato, di arresti arbitrari, di essere condannati a lunghe pene detentive ingiustificate, di subire torture o importanti limitazioni della propria libertà di movimento e di parola.
Il nuovo rapporto dell’APM mette in evidenza le pratiche adottate da governi e multinazionali per assicurarsi profitti economici senza riguardo delle comunità indigene e delle loro terre. Solamente sull’isola di Mindanao (Filippine) tra ottobre 2014 e giugno 2015 sono stati uccisi 23 leader indigeni impegnati a salvaguardare la loro terra dallo sfruttamento selvaggio imposto da progetti minerari. A Mindanao come altrove nel mondo, gli assassini, che siano sono semplici criminali, paramilitari o forze dell’ordine statali, restano impuniti. Il rapporto analizza la situazione di 10 paesi in Asia, Centroamerica, Sudamerica e nella federazione Russa e mostra le metodologie violente e senza scrupoli messe in campo da latifondisti, governi e multinazionali per realizzare enormi progetti per lo sfruttamento di risorse naturali quali petrolio, gas, minerali, legname, ma anche di costruzione di dighe o di traffico di droga a scapito della vita non solo dei singoli attivisti ma di intere comunità indigene.
L’auspicio è che si proceda nella direzione del riconoscimento dei diritti inalienabili di queste comunità che rappresentano il 6% della popolazione mondiale e che si possa arrivare ad estirpare la più grave minaccia che le affligge: il pregiudizio.