L’attentato di Bali si verificò il 12 ottobre del 2002 a Kuta, una zona turistica che si trova sull’isola. Furono tre le bombe a scoppiare quella sera poco dopo le 23: una esplose nel Paddy’s Pub per mano dell’attentatore suicida che l’aveva nascosta all’interno di uno zaino; un’autobomba esplose a circa 20 secondi di distanza, si trattava di un furgone Mitsubishi L300 situato nei pressi del Sari Club, un locale all’aperto situato sulla stessa strada del Paddy’s Pub. Ad azionare la seconda fu un altro attentatore suicida. La terza esplosione avvenne a Denpasar, nel centro urbano di Bali, fuori dal consolato degli Stati Uniti.
Le prime due esplosioni ebbero effetti devastanti: se la prima fu scambiata per una scossa di terremoto, la seconda diede vita a una vera e propria carneficina dato che divampò un incendio, alimentato anche dallo scoppio di diverse bombole di gas, che fecero crollare il tetto dell’edificio. La terza esplosione, al contrario delle altre, non causò morti. Furono 202 le vittime, 164 stranieri (soprattutto giovani australiani, americani e occidentali in vacanza) e 38 indonesiani, e altre 209 persone rimasero ferite.
L’attentato di Bali fu l’atto terroristico più grave della storia dell’Indonesia e i sospetti si indirizzarono subito verso un gruppo islamista di Jemaah Islamiyah, un branca di al Qaida presente nell’Asia sudorientale. In seguito furono proprio alcuni membri della Jemaah Islamiyah ad essere condannati e tre di loro furono giustiziati in prigione nel 2008.