Mafia Capitale, Ucpi: “Si militarizza l’azione penale”. Pieno sostegno all’iniziativa della Camera penale di Roma di astenersi dalle udienze per protesta
“L’Unione delle Camere penali (Ucpi), protesta per come si svolge il processo Mafia Capitale, definito «un esperimento» con cui si cerca di rendere universale un modello di processo che militarizza l’azione penale». Pieno sostegno viene quindi dato all’iniziativa della Camera penale di Roma di astenersi dalle udienze per protesta. “Sin dai suoi primi lampeggiamenti mediatici, con arresti in diretta e distribuzione di materiali investigativi alla stampa, – afferma l’Ucpi – ci è sembrato evidente che Mafia Capitale non fosse un evento di cronaca giudiziaria tra i tanti, ma un processo che avrebbe segnato una svolta qualitativa nei rapporti fra politica e magistratura, fra media e procure, e che soprattutto avrebbe rappresentato un esperimento di quelle nuove forme di processo già prefigurate da alcune norme all’esame del Parlamento”.
“Abbiamo subito detto – prosegue il comunicato – che con Mafia Capitale si voleva forzare la mano ai ritardi ed ai tentennamenti con i quali il legislatore rispondeva alla richiesta di equiparare i reati contro la pubblica amministrazione ai reati di mafia con conseguente adozione di tutti gli strumenti giudiziari, processuali, investigativi e di prevenzione previsti dalla legislazione speciale, facendo sì che i fatti corruttivi venissero interpretati tutti in chiave mafiosa. D’altro canto, le Procure antimafia segnalano da tempo che, per combattere la corruzione, occorre esportare le regole del doppio binario nei procedimenti che riguardano i reati contro la Pubblica Amministrazione, aprendo la strada ad una estensione di tali regole a fenomeni delittuosi totalmente diversi e disomogenei, con l’evidente rischio di destabilizzare il già precario equilibrio dell’intero sistema processuale”.
Secondo l’Ucpi, “con l’esperimento romano si cerca, dunque, di rendere universale un modello di processo che militarizza l’azione penale e che impone ai dibattimenti una devastante logica securitaria, articolata attraverso una pratica estesa ed incondizionata del processo a distanza, priva di effettive ragioni o, peggio, fondata su ragioni ed esigenze suscettibili di ben più ragionevole risposta, il che finisce con il trasformare il processo penale in un penoso simulacro. Tale estensione, già oggetto di una previsione normativa di modifica dell’art. 146 bis disp. att., sulla quale l’Ucpi ha già espresso la sua più ferma contrarietà, collide con i principi cardine del contraddittorio e dell’immediatezza e mortifica in maniera evidente il diritto di difesa, mostrando, come da noi più volte denunciato, i suoi evidenti tratti di incostituzionalità”.
“Allo stesso modo – prosegue il comunicato dei penalisti – non può essere sottaciuto l’uso distorto del principio della ragionevole durata, in base al quale si impongono ritmi incongrui al dibattimento, trasformando di conseguenza l’art.111 della Costituzione, da strumento di garanzia per l’imputato, in un improprio strumento di limitazione dei suoi diritti e di violazione del giusto processo. Nè può, infine, tacersi, in tale contesto, degli attacchi subiti dall’avvocatura romana da parte di chi, mistificando le ragioni della protesta, ha ritenuto di assimilare impropriamente l’avvocato con il proprio assistito e la difesa dei diritti con la difesa dei reati, dimostrando con inammissibili offese la sua insofferenza per la funzione difensiva e la incapacità di cogliere il significato più alto delle battaglie dell’avvocatura penale, coltivate in uno spirito di assoluta indipendenza e condotte ad esclusiva difesa di valori che tutelano la intera collettività e che sono patrimonio intangibile e condiviso di ogni società civile”.
“Poste tali premesse – arriva a concludere il comunicato – l’Unione della Camere Penali ritiene di dover fornire il suo più ampio e convinto appoggio e la sua incondizionata adesione alla iniziativa della Camera Penale di Roma che con la sua delibera di astensione dalle udienze ha inteso denunciare con forza lo stravolgimento di regole processuali poste a presidio del giusto processo e delle garanzie di difesa di ogni imputato, riservandosi ogni ulteriore intervento per la tutela degli indeclinabili principi costituzionali posti a presidio del processo e della funzione difensiva”.