Il 9 novembre 1938 andò in scena la notte dei cristalli (così denominata in segno di scherno visto che fa riferimento alle vetrine distrutte), un massacro antisemita che portò all’uccisione di circa 90 ebrei in tutta la Germania, alla distruzione di oltre 7500 negozi e di un centinaio di sinagoghe, senza contare che furono circa 30mila le persone deportate nei campi di concentramento. Ad innescare questa violenza contro gli ebrei fu la morte di Ernst von Rath, un diplomatico tedesco che si trovava nell’ambasciata tedesca parigina e al quale un ragazzo ebreo sparò.
I primi attacchi iniziarono già il 7 novembre, ma quello fu solo l’inizio. La sera del 9 novembre Hitler incontrò diversi funzionari del partito per festeggiare il 9 novembre 1923 (Putsch di Monaco, tentativo colpo di Stato organizzato da Hitler e altri leader del Kampfbund che fallì) e intorno alle 22 Joseph Goebbels, ministro della Propaganda nazista, pronunciò un discorso in cui diede la colpa della morte diplomatico agli ebrei. Ma non si limitò a questo. Aggiunse che non avrebbe ostacolato eventuali azioni antisemite organizzate dal partito e così diede il via libera alle SA mettere in atto il massacro contro la comunità ebraica. Una volta ricevuti gli ordini, i membri delle SA distrussero e incendiarono molte sinagoghe, saccheggiarono e distrussero negozi e appartamenti e ricorsero alla violenza (non mancarono casi di stupri) nei confronti degli ebrei che ebbero la sfortuna di ritrovarsi faccia a faccia con loro. Ufficialmente furono 91 le vittime – questo quanto scritto in una lettera inviata da Göring l’11 novembre 1938 -, ma si crede fossero molte di più.
Polizia e vigili del fuoco ricevettero ordini ben precisi: quella notte nessuno avrebbe dovuto fermare l’ondata di violenza. Sarebbe bastato controllare che il fuoco non creasse problemi ad altri edifici. La notte dei cristalli creò anche dissensi all’interno del partito e, infatti, non pochi criticarono la distruzione di patrimoniale e nei giorni successivi in molti lo definirono un passo falso.