Torna l’appuntamento “Dalla scuola allo stadio, il modo giusto per sostenere lo sport”, protagonisti Cataldi, Guerrieri e Klose
La Lazio torna nelle scuole e stavolta i protagonisti dell’iniziativa “Dalla scuola allo stadio, il modo giusto per sostenere lo sport”, sono stati Cataldi, Guerrieri e Klose, che hanno visitato l’Istituto Comprensivo Gianni Rodari. Il primo a parlare è stato il team manager Manzini, che ha sottolineato quanto questi incontri siano importanti:
“Non siamo noi a darvi qualcosa ma è il contrario. Ci date voglia di vivere e gioire. Nella vita bisogna avere ambizioni, per arrivare serve il lavoro, servono i sacrifici e la dedizione. Ci vuole sempre rispetto per l’avversario, questa è una cosa fondamentale. Perché l’aquila come simbolo? Gli obiettivi che si sono posti i Padri fondatori erano quelli di raggiungere i traguardi dettati dallo spirito olimpico. L’aquila raggiunge picchi inaccessibili per l’uomo, che si possono raggiungere con l’impegno e lo spirito di sacrificio”.
Anche a Cataldi è stato chiesto dei suoi primi passi nel mondo del calcio.
“Ho cominciato a giocare da piccolino nella società del mio quartiere e insieme agli amici. Solo intorno ai 14 anni ho iniziato a sperare di farlo diventare un mestiere. La prima volta all’Olimpico è stato bellissimo, contro il Napoli sono entrato a partita in corso per poi essere titolare con il Milan. È stato un sogno giocare in uno stadio così importante. Prima di una partita importante provo tensione e sono contento di poterla giocare con questa maglia. Siamo una squadra e vivendo sempre insieme, i problemi sono cercare di entrare in campo e fare sempre risultato. Se ci sono problemi sono determinati dai risultati, che contano sempre. Cosa farò quando smetterò? Ancora non lo so, sono giovane e ancora devo iniziare per bene la mia carriera. Quando smetterò deciderò”. Guerrieri ha aggiunto: “Da quando ho sei anni gioco nella Lazio, è questo il mio sogno. Ho anche altri hobby, per esempio mi piace la pesca. Comunque la mia passione è sempre stata il calcio”.
Klose è stato certamente il giocatore più acclamato dai piccoli della scuola Rodari, ma è anche normale visto il suo curriculum. Il tedesco non si è pentito di aver scelto la Lazio e poi ha anche parlato del suo inizio nel mondo del calcio:
“Ho iniziato a giocare a calcio a 10 anni. e da quel momento ho cominciato a credere che potevo avere un hobby pagato bene. Quando ho finito la scuola ho fatto il carpentiere, i miei genitori hanno voluto che imparassi un mestiere. Poi ho provato a giocare in terza divisione, ho fatto tanti gol e sono andato al Kaiserslautern, quattro mesi dopo già ero in prima squadra. Come si diventa così forti? È come a scuola, bisogna fare lezione e studiare a casa. Solo imparando ogni giorno si può crescere anche come calciatore. In carriera ho fatto un bel po’ di gol, quest’anno per ora ancora nessuno”. Sul suo arrivo a Roma: “Volevo fare un’esperienza fuori dalla Germania, la Lazio è stata l’unica società che mi ha dato quello che cercavo. Oggi, dopo quasi 5 anni che sono qui, sono contentissimo di aver fatto quella scelta”.
Klose ha parlato della differenza tra il calcio italiano e quello tedesco:
“Gli stadi in Germania sono nuovi e pieni di tifosi, per il mondiale del 2006 hanno fatto gli stadi. In Italia c’è molta tattica, le squadre non vogliono prendere gol mentre in Germania c è più pressing, ma penso che il livello sia simile. In Italia si vive molto bene, mi piace il tempo e il cibo. A mia moglie piace tanto l’italiano e lo ha imparato molto velocemente. Cosa si prova ad essere campioni del mondo? Non si può descrivere a parole questa emozione. Vincere un mondiale con i compagni e rappresentare la propria nazione è indescrivibile. Se sono mai stato insultato? Capita spesso perché ogni difensore vuole provocare, l’importante è che finita la partita uno si dimentica”. Poi ancora, “ci alleniamo ogni giorno, vogliamo vincere anche nelle partitelle in famiglia per cui è normale litigare, ma non ci sono mai problemi”.
Il tedesco ha anche parlato del razzismo e del fair play:
“Prima di venire in Italia ho sentito parlare tanto di razzismo, ma in realtà non ho mai sentito nulla. Si parla tanto ma sulla mia pelle non l’ho mai vista. A me non piace ovviamente perché dobbiamo vivere tutti insieme. Io sono nato in Polonia e la Germania mi ha aperto le porte senza problemi“. Sul fair Play: “Mi è capitato due volte. In Germania mi fischiarono un rigore, ma il portiere tocco il pallone e lo dissi all’arbitro. A Napoli segnai con il braccio e dissi all’arbitro che non era valido. Voglio vincere perché sono più bravo e con onestà“.