Era il 18 febbraio 1248 quando la battaglia di Parma, iniziata nel luglio del 1247, arrivò a termine. Lo scontro chiamò in causa da una parte i Guelfi e dall’altra l’imperatore Federico II di Svevia e scoppiò a causa di un inasprimento dei rapporti tra il papa e l’imperatore. Il primo, infatti, voleva far sì che Parma finisse sotto l’influenza dello Stato Pontificio e volle farlo ignorando che la città fosse favorevole alla causa ghibellina già da diverso tempo. Così, Federico II di Svevia dovette fare i conti con due problemi: da una parte papa Innocenzo IV, che ordinò ai francescani di convincere la popolazione a schierarsi dalla sua parte. dall’altra i Guelfi che occuparono Parma con 70 uomini.
Una volta saputo quanto accaduto, Federico II cacciò i Guelfi capitanati da Bernardo di Rolando Rossi e mise al comando Tebaldo Franceschi. Ma questo non bastò e, infatti, il papa cercò in tutti modi portare avanti la campagna anti-imperatore in Lombardia e nel Regno di Sicilia e riuscì nel suo intento dato che alcuni nobili pianificarono un complotto. Tuttavia, uno di loro parlò e Federico II fece uccidere coloro che non riuscirono a scappare. E non si limitò a questo: informò i nobili di quanto aveva architettato Innocenzo IV e si preparò a viaggiare alla volta di Lione. Tuttavia, una nuova ribellione a Parma lo costrinse a tornare in Emilia e, trovato il sostegno di altri eserciti, a portare avanti lo scontro, che durò circa otto mesi.
Il 18 febbraio 1248 la battaglia di Parma terminò grazie all’offensiva di Montelongo, uno degli uomini schierati a favore del papa, che costrinse Federico II alla fuga.