Il Corriere della Sera, che per tradizione viene considerato il quotidiano di riferimento della borghesia della Lombardia, uscì per la prima volta il 5 marzo 1876, la prima domenica della Quaresima, data in cui abitualmente non uscivano i giornali a Milano. A fondare quello che ancora oggi è tra i giornali più importanti a livello nazionale fu Eugenio Torelli Viollier, che poté contare anche sull’aiuto di Riccardo Pavesi (dopo appena due settimane fu eletto al Parlamento e si tirò indietro), editore del La Lombardia, giornale di cui lui, invece, era il direttore.
La storia del Corriere iniziò grazie a un direttore, tre redattori, quattro operai e due collaboratrici, Vittoria Bonacina e Maria Antonietta Torriani, moglie di Torelli Viollier, che lavorarono all’interno della redazione situata nella Galleria Vittorio Emanuele.
“A’ giornali dello scandalo e della calunnia sostituiamo i giornali della discussione pacata ed arguta, della verità fedelmente esposta, degli studi geniali, delle grazie decenti, rialziamo i cuori e le menti, non ci accasciamo in un’inerte sonnolenza, manteniamoci svegli col pungolo dell’emulazione, e non ne dubitiamo, ilCorriere della sera potrà farsi posto senza che della sua nascita abbiano a dolersi altri che gli avversari comuni“.
(articolo di fondo del primo numero uscito)
3mila le copie vendute inizialmente, ma queste negli anni aumentarono, soprattutto quando intorno al 1880 Milano si avviò a una trasformazione economica e sociale che fece emergere una nuova classe sociale, la borghesia. Le copie aumentarono a 30mila e il Corriere della Sera iniziò a ospitare delle rubriche giornaliere. Torelli Viollier rimase al comando fino al 1898, anno in cui la linea da lui adottata venne messa in discussione a tal punto da portarlo a rassegnare le dimissioni il 1° giugno.
Gli succedette Domenico Oliva, che nel 1900 si dimise a causa dei numerosi dubbi espressi dai proprietari circa il futuro del giornali e al suo posto arrivò Luigi Albertini, un ragazzo poco più che 25enne assunto precedentemente da Torelli Viollier per ricoprire il ruolo di segretario di redazione e che dimostrò. grandi capacità organizzative e decisionali. Sotto la sua guida il Corriere della Sera arrivò a raddoppiare le vendite, toccando le 150mila copie nei primi sei anni, e cambiò sede, trasferendosi definitivamente in via Solferino, 28. Nel frattempo l’importanza crebbe sempre di più e si arrivò a toccare quota 600mila copie intorno al 1920.
Iniziarono gli anni del ventennio fascista e il quotidiano dovette far fronte a diversi problemi, soprattutto perché la sua indipendenza politica fu vissuta come un ostacolo per Mussolini. Nel 1925, quando a tiratura toccò le 800mila copie, il regime riuscì a ottenere quello che voleva: Albertini si dimise e con lui diversi altri componenti, come Luigi Einaudi, Alberto Tarchiani.
Iniziò così l’era di Ugo Ojetti, che portò con sé Orio Vergani, una delle firme più importanti del Corriere, e cambiò l’impaginazione, che passò da sei a sette colonne. Ma ben presto ci fu un cambio ai vertici e divenne direttore Maffio Maffili, che portò il giornale a conformarsi alle richieste del regime dittatoriale. In quegli anni iniziò anche la collaborazione di Dino Buzzati e il Corriere poté contare anche sull’arrivo di Filippo Sacchi, Aldo Montanelli e di Aldo Borelli, giornalista di regime che aumentò a 8 le colonne della pagina. Fu proprio lui ad essere allontanato dalla redazione una volta rovesciato il fascismo nel 1943.
Nel dopoguerra iniziò un nuovo periodo d’oro per il giornale di via Solferino, forte delle firme anche di personaggi come Eugenio Montale, Domenico Bartoli, Ennio Flaiano, Giovanni Mosca e tanti altri. Con Alfio Russo direttore si avviò un’altra fase di rinnovamento e diversi giovani giornalisti poterono affermarsi, ma nel 1968 gli subentrò Giovanni Spadolini, che si ritrovò a capo del Corriere della Sera proprio nel periodo in cui scoppiò la rivolta studentesca, che colpì lo stesso quotidiano in quanto simbolo della borghesia. Quando nel 1973 se ne andò Montanelli, diversi redattori lasciarono il proprio posto per seguire il fondatore de il Giornale.
Passato nelle mani della Rizzoli, i risultati sperati non arrivarono e i conti del gruppo peggiorarono. A creare ancora più problemi ci pensò lo scoppio dello scandalo della loggia P2, che vide protagonista Franco Di Bella, il direttore del Corriere, Bruno Tassan Din, il direttore generale, e Angelone Rizzoli, il presidente del gruppo, che in realtà aveva già ceduto il giornale. Il prestigio calò vertiginosamente e La Gazzetta dello Sport ottenne il primato delle vendite a livello nazionale. A occuparsi della rinascita furono Alberto Cavallari e Piero Ostellino.
Negli anni Novanta al timone si posero Paolo Mieli, che si occupò di diversi cambi all’interno della redazione (tornò anche Montanelli), e Ferruccio de Bortoli, sostituito dal 2003 al 2009 da Stefano Folli e Mieli e nel 2015 da Luciano Fontana. Gli anni Duemila furono quelli dei cambiamenti, ma questo valse per ogni giornale. Il Corriere salutà l’impaginazione a nove colonne (il formato lenzuolo) per passare a quella sei colonne (il formato berlinese).